Beppe Grillo (foto LaPresse)

La follia di una politica che combatte il grillismo con altro grillismo

Claudio Cerasa

L’orrore del populismo bancario su Mps (con gogna). Per combattere Grillo bisogna essere più grillini di Grillo?

Inseguirlo o combatterlo? Ci si può girare attorno quanto si vuole, ma alla fine ogni discussione relativa ai giusti antidoti da adottare contro la diffusione del virus grillino non può che cominciare da questa domanda di partenza. Proviamo a esplicitarla meglio: il grillismo si disinnesca sottraendo ai Cinque stelle le loro armi (e scendendo dunque sul loro stesso terreno) o lo si combatte utilizzando una forza uguale e contraria finalizzata a smascherare la truffa del grillismo attraverso l’uso del linguaggio della verità e non della post verità? E quindi: inseguirlo o combatterlo? Sul Corriere della Sera di ieri, Aldo Cazzullo, nella sua rubrica delle lettere, che promette di darci soddisfazioni, dà voce a una tesi che nelle ultime settimane ha trovato molto spazio sui giornali: il grillismo si può contrastare solo togliendo ai grillini le loro armi di propaganda. “In questo clima di sfiducia reciproca, livore, rancore, aggravato dalla recessione, inasprito dallo sfogatoio della Rete, Grillo – scrive Cazzullo – ha prosperato. I partiti hanno fatto il resto, restando sordi e ciechi: se ad esempio avessero votato il dimezzamento delle indennità proposto da Grillo, gli avrebbero tolto una formidabile arma di propaganda”.

La tesi di Cazzullo, già sostenitore della convincente tesi che Gianroberto Casaleggio abbia “contribuito a cambiare la storia d’Italia”, prevede dunque che il grillismo non sia da combattere ma sia sostanzialmente da accettare. E il problema non è che lo dica l’editorialista di punta del Corriere della Sera (giornale che quest’anno festeggia i dieci anni della sua battaglia contro la casta nello stesso anno in cui Grillo festeggia i dieci anni del suo primo Vaffanculo day contro la casta). Il problema è che ultimamente il metodo “Rubare A Grillo le Armi della sua Propaganda” (RAGAP) è stato adottato con insistenza anche dal mondo della politica. Il caso di scuola più clamoroso e più inquietante riguarda lo spettacolo osceno offerto dal Parlamento nella partita del salvataggio di Mps. Il linguaggio della verità, l’unico con il quale a nostro modestissimo avviso è possibile seppellire il cialtronismo delle post verità grilline, avrebbe previsto di dire le cose come stanno senza girarci attorno: il sistema bancario, nonostante sia il bersaglio preferito di tutti i partiti populisti del mondo, costituisce la spina dorsale di un paese industrializzato e se un tassello del sistema bancario entra in una sofferenza tale da mettere a rischio la tenuta dell’intero sistema o si decide di rinunciare al sistema capitalistico adattando il nostro paese al modello di vita della Tanzania o la politica deve attrezzarsi con responsabilità a chiudere quella faglia.

In Italia si è scelto di non entrare in modalità Tanzania ma la decisione sacrosanta di nazionalizzare Mps è stata accompagnata da una doppia decisione tipica del RAGAP. Nazionalizzazioni sì ma a condizione di creare (a) una lista di proscrizione dei debitori di Mps (per la fucilazione c’è ancora tempo) e (b) un’inchiesta parlamentare sulle banche che creerà un’inutile sovrapposizione con la magistratura, che non arriverà a conclusione prima della fine della legislatura, che sottrarrà ai parlamentari tempo per fare cose più importanti ma che aiuterà gli stessi parlamentari a dare un pasto caldo all’affamato popolo anti casta. Il tutto, ovviamente, senza capire un piccolo dettaglio: la bestia feroce che viene soddisfatta – roar – non è una bestia destinata a calmarsi ma è una bestia destinata a diventare sempre più grande – super roar – e dunque sempre più feroce e sempre più golosa. Per combattere Grillo bisogna essere più grillini di Grillo? La risposta è sì, se si considera il grillismo una grande e inevitabile rivoluzione politica che sta cambiando la storia d’Italia. La risposta è no se si considera il grillismo una bufala che deve essere combattuta non utilizzando le armi della sua propaganda ma mettendo in campo una forza politica uguale e contraria. La politica della post verità non la si contrasta con un’altra post verità ma la si limita con il linguaggio crudo della verità. Le banche servono. La finanza aiuta i paesi a crescere. Dove non c’è finanza non c’è ricchezza. E se non vi piace sapete qual è l’alternativa. Roar.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.