Virginia Raggi (foto LaPresse)

A Roma con la Raggi i pm ci vanno cauti

Salvatore Merlo

L'avviso di garanzia al sindaco romano è atteso a giorni. Ma la procura ora si muove con molta cautela. Ecco perché

Roma. E’ con estrema riluttanza, passo cauto e felpato, che la procura di Roma e il suo capo, Giuseppe Pignatone, a quanto pare si preparano a iscrivere nel registro degli indagati, per abuso d’ufficio, il sindaco di Roma, Virginia Raggi, forse venerdì, forse la settimana prossima, un atto dovuto cui il Movimento cinque stelle, e la stessa Raggi, si sono già preparati da tempo. E infatti ieri, dopo l’approvazione di una regola interna al M5s che nega l’automatismo tra avviso di garanzia e dimissioni, la sindaca di Roma, consigliata dai suoi avvocati, e informalmente anche dal famoso studio Sammarco, con una mossa difensiva, un occhio al codice penale e uno al manuale dell’opportunità politica, ha revocato la nomina probabilmente illegittima di Renato Marra, il fratello del suo ex braccio destro, Raffaele Marra, ancora agli arresti per corruzione (il tribunale del riesame ha respinto ieri una richiesta di scarcerazione). Abuso d’ufficio dunque, il sospetto, e l’accusa, che pendono sulla testa della sindaca, ne turbano l’equilibrio (le lacrime natalizie alla messa della Caritas) e la serenità personale, “è un momento difficile”, ha ammesso con la voce rotta di fronte alle telecamere. Ma il reato è poco più che bagatellare, come sanno in procura, negli uffici e nei corridoi di cui ieri Pignatone ha ripreso possesso, dopo le vacanze.

E l’anziano procuratore della Repubblica di Roma, con fama d’uomo prudente – “io faccio processi, non scrivo articoli sui giornali”, è un suo vecchio adagio – si è già caricato sulle spalle i fumi e i lumi di Mafia Capitale, ha già molto forzato la sua naturale ritrosia all’intervento strapotente della giustizia sul palcoscenico girevole della politica con questo processo mastodontico e suggestivo, e ha già provato anche il brivido deluso d’aver contribuito in maniera determinante a far cadere una giunta, quella di Ignazio Marino, l’ex sindaco indagato a ottobre del 2015 per peculato e falso, e poi assolto un anno dopo perché la vicenda, hanno scritto i giudici, non rivestiva “alcuna rilevanza in questa sede penalistica”. Ed ecco dunque da qui discendere tutti i dubbi, le incertezze, le cautele, di un ufficio giudiziario, e di un procuratore della Repubblica, che non vogliono più sbagliare una mossa, che ora temono forse il protagonismo, e che dunque, adesso, con i Cinque stelle – che sono il primo partito d’Italia e a Roma hanno ottenuto il 76 per cento dei voti alle ultime elezioni – prima di agire compulsano persino il calendario istituzionale (Marra, intercettato per mesi, è stato arrestato solo il 16 dicembre, proprio per non influire in alcun modo sul voto referendario del 4 dicembre che ha visto vincere il No), rivelando così un senso della misura, delle proporzioni, del rispetto dei poteri, una volontà di non inquinare il dibattito pubblico e politico per certi versi sorprendente, almeno per gli standard della magistratura italiana e persino per la storia più recente, cronachistica, della stessa procura di Roma, che ha indagato gli ultimi due sindaci della capitale, Alemanno (addirittura per mafia) e Marino, determinandone il declino per mano giudiziaria ancora prima che per mano elettorale.

E infatti un avviso di garanzia a Virginia Raggi recapitato oggi, domani, o la settimana prossima, non avrebbe più lo stesso effetto dirompente che avrebbe avuto un mese fa, quando pure le indagini erano iniziate, quando la sindaca dimostrando una certa ingenua imperizia si metteva nei guai da sola scrivendo all’Autorità anticorruzione una quasi ammissione di colpevolezza autoincriminante, e quando né lei né il suo partito si erano ancora preparati all’infausto evento di un avviso di garanzia, predisponendo un’attenta, per quanto funambolica, rete difensiva sia politica (la cosiddetta “svolta garantista” in un partito in cui Luigi Di Maio chiedeva le dimissioni “entro cinque minuti” di Angelino Alfano indagato anche lui per abuso d’ufficio, cioè lo stesso reato che forse sarà imputato alla Raggi) sia giudiziaria (la revoca della nomina di Renato Marra). Un mese fa l’avviso di garanzia avrebbe probabilmente travolto la signora Raggi e la sua giunta a cinque stelle napoleonicamente eletta a Roma lo scorso giugno. Oggi non più. 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.