Matteo Salvini (foto LaPresse)

La delocalizzazione che piace ai leghisti: il caso dell'associazione LombardiaRussia

Stefano Basilico

L’apertura al “libero mercato” dell’associazione – che si definisce apartitica nonostante sia vicina agli ambienti salviniani – sta cercando di far diventare Salvini un liberale? Oppure si tratta di un caso di memoria selettiva?

LombardiaRussia è un’associazione culturale “apartitica” che “ha per scopo far conoscere la Russia e la sua attualità per quel che sono.” La distanza dai partiti pare poco verosimile quando si verificano alcuni piccoli dettagli. L’associazione ha sede in Via Colombi 18 a Milano, all’angolo con via Bellerio, nello stesso stabile che ospita l’Associazione Umanitaria Padana Onlus e l’asilo nido “Orsetti Padani”. Il Presidente, Gianluca Savoini, fu giornalista de “La Padania” ed è considerato il punto di contatto tra Salvini e Putin. Il suo vice, l’analista informatico Gianmatteo Ferrari, fu candidato leghista alle ultime comunali di Varese. Il Responsabile Sviluppo Progetti è l’ex Deputato della Lega Claudio D’Amico.

 

Negli scorsi giorni il sito web dell’associazione ha pubblicato una “dispensa”, scaricabile in PDF nonostante su ogni pagina reciti “documentazione riservata – personale – non divulgabile”,  che invita gli imprenditori a investire nelle repubbliche “autoproclamate” di Donetsk e Lugansk. All’interno del dispaccio si dichiara che il probabile riconoscimento della Russia alle Repubbliche nel 2017, comporterà “un aprirsi al mondo”, e si specifica che ogni prodotto ivi fabbricato “avrà la possibilità di essere esportato molto facilmente in Russia, bypassando l’embargo”.

 

Ma la considerazione più marcata è che “lo stipendio medio di un operaio specializzato è di circa 100 euro al mese più un 31 per cento a carico dell’imprenditore comprensivi di tutte le voci di spesa: previdenza, tasse sul reddito, ecc…”. Insomma, un’apertura al libero mercato che non ci si aspettava dati i numerosi articoli contro il TTIP “che ci vogliono imporre gli USA e con il quale vogliono ingabbiarci”, come scriveva Ferrari nel 2015. Non solo: la dispensa appare un chiaro invito a delocalizzare in un’area politicamente ed economicamente instabile, priva di qualsivoglia riconoscimento internazionale, ma soprattutto in virtù di una forza lavoro infinitamente più economica di quella italiana e dell’Unione Europea.

 

Chissà se ne hanno parlato con Salvini durante qualche volo verso Mosca, e se lui si è ricordato di quando tuonava contro le delocalizzazioni di Riello, Faac e Almaviva. O chissà che LombardiaRussia stia cercando di fare del leader leghista un liberale, come del resto si definiva lui stesso nel 2014.

 

Forse Salvini ha semplicemente una memoria selettiva. La stessa che lo ha fatto indignare della trattativa M5s-ALDE. Scrive in uno status Facebook che ALDE è “il gruppo più europeista di tutti, sostenuto alle elezioni da Romano Prodi e da Mario Monti, da sempre a favore dell’Euro, della Turchia in Europa, delle banche e dell’immigrazione.” Eppure si dovrebbe ricordare che, l’anno dopo il suo esordio in Consiglio Comunale a Milano, la Lega Nord aderì dal 1994 al 1997 al gruppo parlamentare europeo ELDR, che nel 2012 cambiò nome in ALDE. Forse un giorno gli afflati liberali di Salvini troveranno continuità, ma c’è da dubitarne.

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