Ignazio Marino (foto LaPresse)

"Imprecisione e superficialità", ma nessun reato. Le motivazioni dell'assoluzione di Ignazio Marino

Redazione

L'ex sindaco di Roma era accusato di peculato e truffa. Per il gup Marino va considerato "assolutamente estraneo" anche all'ipotesi di falso per i contributi alla onlus "Imagine"

Roma. A tre mesi dall’assoluzione dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino dalle accuse di peculato e truffa, il gup ha presentato le 54 pagine di motivazioni. Il magistrato Pierluigi Balestrieri scrive: "Appare evidente che eventuali errori, imprecisioni e/o discrasie afferenti alle dichiarazioni giustificative non sono suscettibili di rivestire alcuna rilevanza in questa sede penalistica, potendo tutt'al più costituire indice di un sistema organizzativo improntato, soprattutto nella prima fase, a imprecisione e superficialità". Per il giudice "non sembra consentito desumere, da consimili dichiarazioni giustificative, l'evidenza di una spesa compiuta per fini non istituzionali”.


La vicenda degli scontrini era nata dopo un esposto di Fratelli d'Italia del 6 ottobre del 2015. Il giorno successivo era stato presentato un altro esposto firmato dai consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle Marcello De Vito, Daniele Frongia, l'attuale sindaco Virginia Raggi ed Enrico Stefano. L’inchiesta faceva riferimento alla consumazione di 56 cene, per una spesa complessiva di 12mila euro, avvenute tra il 2013 e il 2015 in numerosi ristoranti di Roma e di altre città. La Procura aveva chiesto la condanna a 3 anni e 4 mesi dell'ex sindaco che rispondeva dei reati di peculato e falso in relazione all'utilizzo della carta di credito assegnatagli a suo tempo dall'amministrazione capitolina. La procura chiedeva poi altri 8 mesi per concorso in una truffa sui compensi destinati a collaboratori fittizi quando il chirurgo del Pd era il rappresentante legale della 'Imagine', una Onlus fondata nel 2005 per portare aiuti sanitari in Honduras e in Congo.

Nelle motivazioni della sentenza di oggi si dà conto del fatto che "tutte le cene in questione (e quindi tutte le relative dichiarazioni giustificative) avevano superato il vaglio dell'Ufficio del Cerimoniale, della Ragioneria Generale e, indirettamente, quello della Corte dei Conti, la quale non aveva svolto in proposito rilievi di sorta". L'ex sindaco, poi, va considerato "assolutamente estraneo" anche all'ipotesi di falso, sostenuta dalla Procura secondo cui Marino avrebbe "impartito al personale addetto alla sua segreteria una serie di disposizioni affinché formasse le dichiarazioni giustificative delle spese inserendovi indicazioni non veridiche". Secondo il giudice, "l'intero procedimento di contabilizzazione delle spese di rappresentanza è stato gestito allo staff di Marino, senza che questi ne avesse specifica contezza; potendo soltanto al riguardo formularsi l'ipotesi, penalmente irrilevante, anche se 'amministrativamente' non del tutto commendevole, che il medesimo si fosse, puramente e semplicemente disinteressato della problematica, di cui peraltro non poteva non avere generica conoscenza, ritenendola secondaria e affidandola, per l'appunto, alle cure del personale amministrativo". Infine, anche per le accuse di truffa, secondo il gup Balestrieri, non c'è assolutamente la prova della consapevolezza di Marino dell'inesistenza dei collaboratori della Onlus.

"La lettura delle motivazioni ha confermato quanto da noi sostenuto sin dall'inizio e cioè che il professor Marino non ha mai utilizzato risorse pubbliche per finalità private, ma semmai più volte si è verificato il contrario”, spiegano in una nota gli avvocati Enzo Musco e Franco Moretti, difensori dell'ex primo cittadino di Roma. "L'onestà di Marino – è la conclusione dei suoi difensori - è stata dimostrata con abbondanza di argomenti e di ciò siamo pertanto pienamente soddisfatti".

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