Roma, Virginia Raggi all'Assemblea capitolina

Così i 5 stelle si preparano allo psicodramma: e che si fa se indagano la Raggi?

Salvatore Merlo

Voci su uno o più avvisi di garanzia per abuso d’ufficio. Il Movimento pronto a scaricarla. Bocciato anche il bilancio

Roma. Poiché se lo aspettano – anzi se li aspettano (perché potrebbero essere più di uno) – i ragazzi del Movimento 5 stelle, nel gruppo consiliare al Campidoglio e nei corridoi del Parlamento, sono in grande difficoltà: che facciamo quando arriva, anzi quando arrivano, gli avvisi di garanzia a Virginia Raggi? E la domanda riecheggia, rimbalza, provoca risposte elusive – “valuteremo” – gettate con infastidita negligenza in faccia ai giornalisti rompiscatole e malevoli, e infine precipita sull’inesauribile pissi pissi che dalla procura si estende agli studi legali e dunque al Campidoglio, “non è più questione di ‘se’ ma di quando” la sindaco di Roma sarà ufficialmente indagata per abuso d’ufficio (tre abusi, per le nomine di Marra, Romeo e Raineri): questa settimana? La prossima? Dopo Natale? “Meglio dopo Natale”, dicono tutti, perché un piano ancora non c’è, una via d’uscita concordata nemmeno, e all’interno del Movimento si fronteggiano opinioni troppo divergenti, che rischiano di emergere alla luce del sole, di travolgere il diaframma di complicità solidale tra consanguinei per erompere in tutta evidenza sulle colonne di un giornale o sotto l’occhio di una telecamera. Raggi è sempre più sola. I suoi avversari nel Movimento sono rimasti scontenti anche della mediazione che ha portato al suo commissariamento.

E allora i più accesi contestatori della Raggi, nel M5s, dicono che in realtà Frongia e Romeo “stanno ancora lì”: l’uno è assessore (“cosa cambia se non ha il pennacchio di vicesindaco?”), l’altro è dipendente del comune (“ancora entra ed esce dal gabinetto del sindaco”). E il nuovo vicesindaco Luca Bergamo? “Uno di loro. Un amico di Frongia”. Ma l’assessore Muraro è andata via. “Ed è l’unica cosa che abbiamo ottenuto”, dicono, “ci avessero ascoltato prima non avremmo avuto il guaio con Marra. Noi l’avevamo detto che andava cacciato”. Si capisce dunque che uno o più avvisi di garanzia alla signora Raggi segnerebbero la vittoria definitiva dei suoi avversari interni, per ora frenati da Grillo e Casaleggio, loro che disegnano complicate strategie di sopravvivenza di fronte a un disastro che viene lentamente componendosi sotto gli occhi di tutti: le opacità, i pasticci amministrativi, le indagini giudiziarie, e ieri anche la bocciatura del bilancio previsionale da parte dell’organismo di revisione economico-finanziaria del comune.

Così la domanda, il tormento ritorna, si ripropone: che fare quando arriveranno gli avvisi di garanzia? Complicato rispondere, perché le idee sono confuse, e ovviamente in contrasto. C’è chi ritiene che sia meglio resistere, tenere la Raggi lì, in comune, al suo posto, imbullonata, il più a lungo possibile, almeno fino alla fine di febbraio: poi arriverebbe un commissario capace forse di far dimenticare il disastro, e si eviterebbero le elezioni anticipate al 2 aprile (data in cui è già fissata una tornata elettorale in mille comuni). Votare a Roma ad aprile significherebbe arrivare alle elezioni politiche (di giugno?) con una certificazione di sconfitta e di inettitudine forse devastante. Tenere botta potrebbe essere una strategia di riduzione del danno. Ma come spiegarlo agli elettori? Ah, saperlo.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.