Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il ritorno del Cavaliere nazarenico

Redazione

Soave e baldanzoso al Quirinale, apre a Renzi, litigarella con Salvini

Non accadeva da parecchio tempo, forse da una decina d’anni, che Silvio Berlusconi varcasse i cancelli del Quirinale non per dovere istituzionale ma per un atto di cortesia pubblica (gli auguri natalizi). E così le foto e i selfie che lo ritraggono nel salone degli Arazzi a chiacchierare con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e con il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, diventano una notizia politica, una conferma del clima di appeasement officiato in questi ultimi mesi da Gianni Letta, che il 27 ottobre portò Berlusconi in visita nel palazzo presidenziale, a far sì che il Cavaliere e il Presidente si annusassero e si sorridessero a vicenda. E sembra infatti davvero incredibile che circa un anno fa il patto del Nazareno fu rotto da Berlusconi proprio perché Matteo Renzi e il Pd decisero di eleggere Mattarella, lo schivo e mite ex democristiano, a capo dello stato. Ma è passata un’èra geologica, e adesso Berlusconi, quasi come un socio ombra della maggioranza, fila d’accordo con il presidente della Repubblica e contrafforte istituzionale del nuovo governo, dunque guarda il premier Gentiloni negli occhi e sorridendo gli dice: “Noi ci siamo su tutto. A cominciare da Mps. E’ una grande banca, e non possiamo lasciare che vada in rovina”. E siamo probabilmente oltre le prove tecniche di un rapporto di estrema lealtà e collaborazione anche quando Berlusconi, con soavità, lasciando che i giornalisti sentano, allontana con un gesto placido della mano le urla “al voto subito”, pur scandite dai suoi uomini, e anzi dice che ci vuole tempo “perché è necessario arrivare prima a una legge elettorale condivisa”. Ma non il Mattarellum (che invece è stato scelto da Matteo Salvini), dice, “anche se non ne voglio parlare qui. E’ una cosa seria. Ne parlo solo quando ci sediamo a un tavolo. Serve una legge condivisa che garantisca che la maggioranza parlamentare corrisponda al voto popolare”.

 

 

Così la domanda diventa improrogabile per i molti cronisti che assistono a questi scambi: Forza Italia si può alleare con Renzi, se la legge elettorale fosse di tipo proporzionale? “Prima facciamo la legge elettorale, poi vediamo…”, risponde lui, con l’aria ribalda e sibillina, facendo l’occhiolino, con una padronanza della scena e un buon umore che non gli si riconoscevano da parecchio tempo (“la scalata a Mediaset? Volete che alla mia età qualcosa mi preoccupi?”). E insomma sembrano i prodromi di una ri-discesa in campo, o quasi, anche nella non curanza con la quale il Cavaliere blandisce Renzi, Gentiloni e Mattarella ma provoca Salvini  (che ha risposto subito: “Se Berlusconi non esclude un’alleanza con Renzi lo spieghi ai suoi elettori”). E tira dunque un’aria da nuovo Nazareno, anche se forse sono cambiati gli interlocutori. Non c’è più Giorgio Napolitano. “Non ho visto Napolitano, non l’ho salutato. E’ stato il regista di troppe cose che non mi sono piaciute”.