Matteo Renzi e Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il patto di Largo del Nazareno. Lo schema del governo Gentiloni e il nuovo accordo tra Renzi e Cav.

Claudio Cerasa

A differenza dell’intesa del 2014, quella del 2016 tra Pd e Forza Italia coinvolge solo una parte del partito di Berlusconi: quella che con il No voleva solo indebolire il premier per poi negoziare una legge elettorale conveniente anche per il partito di destra

L'arrivo imminente di Paolo Gentiloni alla presidenza del Consiglio non è uno di quei passaggi della storia politica che scalda il cuore, non tanto per il profilo del ministero degli Esteri del governo Renzi (nulla da dire, anzi) quanto per il rischio che la legislatura vada avanti chissà per quanto nonostante questo Parlamento sia stato di fatto delegittimato a legiferare da un plebiscito popolare che ha detto No alla riforma chiave di questa maggioranza di governo. Il governo dunque partirà (con un assetto sostanzialmente fotocopia rispetto a quello che abbiamo visto fino alla scorsa settimana) e come tutti i governi "di scopo" si sa quando iniziano ma non si sa quando finiscono e la vera partita dei prossimi mesi sarà questa: sarà in grado Matteo Renzi di mantenere la promessa di togliere la fiducia a questo governo una volta incassata la nuova legge elettorale?

 

 

Lo schema Renzi prevede tre passaggi chiari anche se molto complessi: il segretario del Pd cercherà di costruirsi una sua nuova "verginità" lontano dai palazzi, anche a costo di sparare contro il governo del suo amico Gentiloni, e se riuscirà a vincere la partita delle primarie Pd di febbraio avrà la forza potenziale per primeggiare sulla vera maggioranza silenziosa di questo Parlamento, che è il partito che punta a superare l'estate, ad arrivare al primo ottobre 2017, portare a casa la pensione da parlamentare e far durare il più possibile questa legislatura. Con un plebiscito che Renzi potrebbe ottenere a febbraio, su una piattaforma che il segretario del Pd costruirà con l'idea esplicita di andare al voto in tempi brevi, il voto anticipato potrebbe ancora realizzarsi anche se (dettaglio che in molti oggi fanno finta di ignorare) per quanto l'ex premier possa essere forte dopo una mobilitazione di elettori ai gazebo il punto resta: per votare subito bisogna sfidare il partito del 2018, che nei gruppi parlamentari del Pd, primarie o non primarie, resta maggioritario.

 

La nascita del governo Gentiloni, come è evidente, in Parlamento ha la stessa spina dorsale che aveva il governo Renzi. Ma una novità ci sarà. L'ex premier aveva dato la sua disponibilità a far partire un nuovo esecutivo solo a condizione che vi fossero larghe intese. Le larghe intese non ci sono (Forza Italia ha detto no) ma il governo sta partendo lo stesso. Come mai? Da una parte Renzi non aveva alternative: il, ehm, "combinato disposto" tra emergenza banche (Mps-Bce) ed emergenza legge elettorale (la Consulta ha furbamente posticipato al 24 gennaio la sentenza sull'Italicum, giocando forse di sponda con il Quirinale per evitare il voto subito) ha reso inevitabile la nascita di un qualsiasi governo e se Renzi avesse detto di No a un esecutivo anche con la stessa maggioranza attuale Mattarella avrebbe agito lo stesso portando alle Camere (con il sostegno di Franceschini) un governo del presidente.

 

Una mediazione per Renzi era dunque necessaria (il Renzi Bis sarebbe stato un suicidio politico) ma nel prossimo governo una novità c'è rispetto all'ultimo. Nel 2014, Renzi si presentò al Quirinale con la stessa maggioranza che aveva Letta ma con un patto in più: quello con Berlusconi per scrivere le riforme istituzionali. Nel 2016 lo schema è simile: Forza Italia dice che non sosterrà alcun governo ma che vuole una nuova legge elettorale e così indirettamente dice che apprezza la nascita di un governo nato per fare la legge elettorale (almeno per il momento). Nel 2014, il patto del Nazareno coinvolse tutta Forza Italia. Nel 2016 il nuovo patto del Nazareno coinvolge solo una parte del partito di Berlusconi: quella che con il No non voleva far fuori Renzi ma voleva solo indebolirlo per poi negoziare una legge elettorale conveniente anche per Forza Italia. Espressione di questa linea è il partito di Mediaset, se così si può chiamare (e sarà interessante capire quanti senatori di Forza Italia NON saranno in Aula quando Gentiloni chiederà la fiducia), e così, seppure in uno scenario minimalista neppure lontanamente paragonabile a quello del 2014, oggi più che un patto del Nazareno è nato un patto di Largo del Nazareno. Che come molti sanno è una piazza romana molto particolare come ricordava ieri Francesco Verderami sul Corriere della Sera: da una parte della piazza c'è la sede del Pd, dall'altra parte c'è la sede di Mediaset, dove ha il suo ufficio il braccio destro di Silvio Berlusconi, Gianni Letta.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.