Romano Prodi (foto LaPresse)

La ragionevolezza del Sì

Giuliano Ferrara

Rispondere con un sorriso alle obiezioni della celebre accozzaglia

L’aritmetica elettorale gli è contraria, il Sì può vincere solo se si affermi la ragionevolezza degli italiani. Ma esiste, la nostra ragionevolezza? E che cosa sarebbe, poi? Bisognerebbe domandarlo a Giacomo Leopardi o al suo esegeta contemporaneo, il chiarissimo professor Franco Cordero, ma sono due formidabili lunatici. Romano Prodi è per esempio ragionevole, mentre il mio amato Paolo Prodi, suo fratello, non lo è, malgrado un geniale talento, infatti vota No. E che dire di Franco, sempre Prodi, un altro per cui deliro, la cui ragionevolezza lo porta allo scandalo, lui professore di nuvole e di climi, di ricordare che l’energia solare forse è più rilevante di quattro ciminiere nel determinare l’assetto del nostro calore medio. Come voterà? Berlusconi è sempre stato un campione di ragionevolezza, e con il romance dell’outsider, della cuoca alla guida dello stato, ha rinnovato e stabilizzato un sistema politico devastato dall’irragionevole casta dei pubblici ministeri militanti, e ci ha dato in Renzi un erede degno alla fine di tante avventure pop. Così, nonostante tutti gli sforzi fatti per spiegarsi bene, il suo No assomiglia al Sì come una goccia d’acqua battesimale in diretta dal Nazareno. Gli irragionevoli della ormai celebre accozzaglia sono quelli delle scie chimiche, della ruspa, gli entusiasti del way of life nordcoreano associati con le sinistre stanche e rancorose, alle quali mi spiace, unico vero dispiacere, si sia unita la prodigiosa Sabrina Ferilli (Sabrina ripensace!).

 

La ragionevolezza è un sorriso. Uomo solo al comando? Sorriso. Costituzione più bella del mondo? Sorriso. Deriva autoritaria? Sorriso. Riforma scritta male? Sorriso. Gli esseri pensosi non sono mai ragionevoli, non è nelle concatenazioni logiche di idee elaborate che troverete mai il senso comune o buon senso dei ragionevoli. Lo troverete invece in un’attitudine al giudizio semplice, moderato, non dico istintivo ma certo nutrito di spontaneità, un giudizio schematico, referendario per natura, la scelta moderata e sicura di un bene appena maggiore o di un male appena minore. Archiviare secoli di chiacchiere sul bicameralismo inutile o sull’invadenza burocratica e intermediaria delle regioni: ecco un beneficio solido che soltanto le persone normalmente ragionevoli sapranno valutare appieno. Ricominciare a discutere tornando al punto zero, e magari provocando turbolenze economiche, finanziarie e politiche pericolose, ecco il punto medio di irragionevolezza che si fa portatore insano del No.

Pensare che Benito Mussolini, con tutte quelle camicie nere e quella violenza verbale e materiale, potesse salvare l’Italia dal Dopoguerra e dal bolscevismo rombante e arrembante fu irragionevole, sebbene perfino il prototipo della ragionevolezza, Benedetto Croce, lo abbia per un lungo momento creduto possibile. Pensare che porti alle stesse conseguenze Matteo Renzi, arrivato a Palazzo Chigi con un anno anagrafico di anticipo sul Duce, ma sulla scia della pacifica e ludica Leopolda, senza marcia su Roma e senza fanfare, e perfino con i calzoni corti, è un’ideuzza degna di un analista dell’Economist che scrive al terzo bicchiere di gin, nella totale e irragionevole ignoranza dell’argomento di cui parla. D’altra parte il caso Trump ha ampiamente dimostrato che the press is unfit to read the world, la stampa non sa più leggere il mondo. Noi compresi, naturalmente. Infatti, per prudenza o per calcolo, continuiamo a prepararci per la vittoria del No, una delusione per il capofamiglia politico dei Prodi e per tanta altra bella gente che è più utile all’Italia e all’Europa dei lazzi e frizzi di Grillo, Di Battista e guaglione Di Maio. Il solo ostacolo a questa che sarebbe la solita catastrofe in un bicchier d’acqua è la sottigliezza ragionevole di un giudizio popolare e referendario pronunciato senza ostinazione logica e faziosità politica, così, appena accennato, un soffio di consenso e di buon senso che serve a voltare pagina e arrivare alla fine di un racconto che si è fatto piuttosto noioso. Per commissariare Roma e mettere fuorilegge il Movimento 5 stelle, due urgenze irragionevoli ma pressanti, poi ci sarà tempo. 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.