Carla Raineri e Virginia Raggi (foto LaPresse)

Tolgo la toga, rimetto la toga. Il caso Raineri e le porte girevoli dei giudici

Redazione

L’ex capo di gabinetto della sindaca Raggi, che si è appena dimessa dal Comune di Roma, chiede di tornare a lavorare nella prima sezione civile della Corte d’appello di Milano. E l’imparzialità dei giudici? E le carenze di organico nel settore della giustizia?

Il caos che sta investendo il Movimento 5 stelle a Roma, oltre a segnalare un improvviso e sorprendente cambio di rotta garantista nella morale dei pentastellati (“Vogliamo leggere le carte”, “decidono i pm”, dice Virginia Raggi), riporta all’attenzione un’altra questione delicata, connessa al tema della giustizia: le porte girevoli fra politica e magistratura. L’ex capo di gabinetto della sindaca romana, Carla Raineri, che si è dimessa in seguito al parere critico espresso dall’Autorità nazionale anticorruzione attorno alla sua nomina, si appresta a rindossare la toga e a tornare come nulla fosse a svolgere il ruolo di giudice nella prima sezione civile della Corte d’appello di Milano.

 

Mercoledì scorso, la Terza commissione del Consiglio superiore della magistratura ha accolto all’unanimità la richiesta di Raineri di essere ricollocata nelle stesse funzioni e a mancare ora è solo il via libera definitivo del plenum, che poco più di un mese fa, il 29 luglio, fu chiamato ad accogliere il collocamento in aspettativa della magistrata desiderosa di unirsi allo staff di Raggi, spaccandosi però al suo interno (15 “sì”, 5 “no”, 3 astenuti): persino alcuni consiglieri di Palazzo dei Marescialli, in particolare i togati di Area Antonello Ardituro, Ercole Aprile e Piergiorgio Morosini, non poterono evitare di notare come il ruolo che Raineri era stata chiamata a rivestire fosse “intriso di politicità”. La permanenza della magistrata nel gabinetto della sindaca, alla fine, è durata poche settimane, ma ciò non elimina le inevitabili perplessità circa le conseguenze che questo – seppur breve – incarico potrà avere sul futuro grado di imparzialità delle decisioni di Raineri, che ha deciso, di fatto, di aderire e partecipare a un progetto politico ben preciso.

 

Tanto più se si pensa che Raineri potrebbe essere molto presto promossa a presidente di sezione della Corte d’appello, nomina per la quale aveva già presentato domanda ma che era stata rinviata dal Csm solo per questioni di procedura interna. Quale indipendenza potrà garantire Raineri nel caso in cui fosse chiamata, tanto per fare un esempio, a pronunciarsi su una richiesta di risarcimento danni per diffamazione per le parole espresse da un esponente politico? Oltre a far emergere seri dubbi sull’imparzialità dei magistrati, il fenomeno delle toghe “fuori ruolo” (dislocate in ministeri, istituzioni, Csm, organizzazioni internazionali) comporta gravi ripercussioni per la stessa organizzazione della macchina giudiziaria. Nel gennaio scorso, il procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, calcolava che i magistrati fuori ruolo, cioè lontani dagli uffici giudiziari perché in servizio in altre istituzioni, fossero 236. Se si considera che le carenze d’organico tra procuratori e giudici, ripetutamente denunciate dagli stessi magistrati, ammontano a circa 1.200 unità, si capisce bene che già una bella fetta di questi vuoti – quasi il 20 per cento – potrebbe essere coperta se solo i magistrati decidessero di svolgere semplicemente il loro lavoro.

(e.a.)

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