Michele Emiliano (foto LaPresse)

Tutti gli impossibili sogni in technicolor del capopopolo Emiliano

Salvatore Merlo
Coi due grossi pugni sotto il mento, e gonfiando dolorosamente le tempie, Michele Emiliano insiste a covare un progetto decisivo di mosse, malgrado la sconfitta del referendum, malgrado il quorum non sia stato raggiunto nemmeno in Puglia, nemmeno nella sua città, nemmeno a Bari.

Roma. Coi due grossi pugni sotto il mento, e gonfiando dolorosamente le tempie, Michele Emiliano insiste a covare un progetto decisivo di mosse, malgrado la sconfitta del referendum, malgrado il quorum non sia stato raggiunto nemmeno in Puglia, nemmeno nella sua città, nemmeno a Bari. E allora già parla da leader dell’opposizione a Matteo Renzi, dentro e fuori il Pd, nel partito e all’esterno del partito, poiché a quanto pare, a quanto dicono, lui intende assumere in proprio tutti i ruoli disponibili, un po’ come succede nei film di Eddie Murphy, quando l’attore egomane ed elastico interpreta ogni personaggio della commedia, s’infila un po’ di gommapiuma sotto il mento e indossa una parrucca. Dunque “questo è solo l’inizio”, promette Emiliano, “oggi Renzi sa con chi deve fare i conti”, spumeggia, capo popolo meridionale che attorno a sé, nella Puglia che lui amministra da acrobata, ha già riunito di tutto, mezzi grillini ed ex berlusconiani, democristiani di destra e autonomisti del sud, tifosi del bene comune e cacicchi della clientela, tutti insieme, e al di fuori di ogni valida, consapevole sintassi politica e assembleare.

 

Vuole fare il leader, dunque. E allora coltiva sogni in technicolor, su rete nazionale, non locale, più Rai Uno che Tele Norba. E non è certo un caso se, per farlo sorridere, per prenderlo bene e rabbonirlo, per farsi rispondere alle domande anche più sbarazzine, i giornalisti crudeli, quando lo chiamano, gli si rivolgono spesso così: “Pronto, parlo con il prossimo presidente del Consiglio?”. E la loro è certo una malizia sott’intesa, una carezza al pelo della sua disponibile vanità, una segreta crudeltà che soltanto Emiliano sembra non cogliere. Sentito infatti questo zucchero di parole, il presidente della Puglia si scioglie in un facondo sorriso, e parla, anzi straparla, si abbandona. E poiché le parole sono evidentemente per lui come i magazzini della Coin, ovvero ci mette dentro qualsiasi cosa, dalle limette per le unghie ai divani, dalle trivelle alla Xylella, dal gasdotto a Renzi, fino al mare, ecco per esempio come ha commentato il flop referendario con Repubblica: “E’ la ribellione della gente dinnanzi al sopruso di chi dice che io posso fare quello che voglio del tuo mare, della tua terra, della tua vita”.

 

Digressioni, frasi fatte, rapide aperture e pronte ritirate, tutto fluisce in lui con una naturalezza quasi automatica. Emiliano riesce persino a contrabbandare per vittoria una sconfitta, tanto che gli intervistatori lo ascoltano, e lo incalzano, con una specie di pietoso divertimento. Nel pomeriggio successivo alla batosta referendaria, cioè ieri, si è presentato negli studi di Radio2, e lo ha detto ancora, dopo averlo annunciato in televisione, su tutti i canali e su tutti i giornali, su ciascuna delle onde schiumose dell’etere: “Abbiamo ottenuto una straordinaria vittoria”. D’altra parte persino i risultati del voto con lui diventano gas, numeri in perpetua mutazione, interpretabili, una nuvola nella quale il concetto stesso di vittoria e di sconfitta si dirada fino a scomparire. Ma la mentita scioltezza del suo approccio, in realtà, non racconta nulla di buono.

 

Malgrado la spavalderia esibita, a Bari dicono che in realtà la foga ideologica gli sia sbollita di colpo e che nei suoi occhi affogati e ribaldi ora dilaghi qualcosa di assai meno battagliero, assai meno rivoluzionario: una paura bestiale. Vorrebbe fare il capo dell’opposizione, sogna di contendere il Pd a Renzi, s’immagina d’essere votato persino in Veneto, già preparava lo scontro finale sull’Ilva, sul Masterplan, sul gasdotto Tap, sulla riforma costituzionale… Ma il flop referendario gli ha spalancato prospettive incerte, vertiginose. E l’essenza, la radice quadrata del suo tormento, in realtà, gratta gratta, sta nella consapevolezza della sconfitta. Com’è andato il referendum a Bari? “Poco più del 40 per cento. Una straordinaria vittoria”. Come no.

 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.