La pazzia di Kim e l'ipotesi di riunire le due Coree

Adriano Sofri

Dopo il test di domenica ci si sbizzarisce ora a dire che il dittatore non è pazzo e che ha un obiettivo chiaro

Sembra che i migliori esperti di cose estremorientali e coreane in specie vogliano ora persuaderci di due verità: che Kim Jong-un non sia pazzo, e che fra i probabili, o almeno non improbabili, lucidi scopi della sua solerzia ci sia la riunificazione delle due Coree sotto la sua egida nucleare. Come reazione all’esplosione più fragorosa dell’arsenale nordcoreano non c’è male. Il primo argomento, che va frontalmente contro il giudizio di qualunque persona comune – “quello è pazzo” – suppone che pazzia e lucidità non si combinino, al contrario di ciò che mostrano la vita quotidiana e la storia dei dittatori. Ieri si suggeriva, per aiutare la comprensione, il paragone fra Kim e un amministratore delegato impegnato a raddrizzare la propria compagnia. Può darsi che il tasso di pazzia fra gli amministratori delegati sia più basso che fra i dittatori, benché l’affinità, e la concorrenza, fra i due mestieri sia piuttosto spinta. Anche nelle aziende ci sono tagliatori di teste, cinismi e ferocie, ma l’impresa di Kim ha statutariamente a che fare con cortigiani e parenti stretti trucidati a cannonate, carestie di milioni e colpi di testate atomiche, il che segna ancora una differenza.

 

Quanto alla annessione manu militari della Corea del sud a Pyongyang, è un po’ meno probabile di quella della Repubblica Federale Tedesca alla DDR di Honecker e alla Stasi. Possibile è invece che una precipitazione militare di cui Seul e i coreani del sud siano le principali se non le uniche vittime li induca a ritenerne responsabili gli americani più che i connazionali del Nord. Ciò che non consegnerebbe un popolo così ricco di conoscenze, piaceri e abitudini, oltre che di dignità, come si è visto nella formidabile mobilitazione contro Park Geun-hye, al lager collettivo del Nord, ma sì a un nazionalismo risentito, conservatore e chiuso. Eventualità avvicinata dalle deplorazioni dell’amministratore delegato Trump contro l’appeasement di Seul e le importazioni americane di automobili coreane.

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