Taranto, quartiere Tamburi, dove si trova l'azienda Ilva (LaPresse)

Tra giudici candidati e Pd a pezzi, Taranto guarda solo al suo passato remoto

Adriano Sofri

Conversazione sul futuro prossimo della citta' dell'Ilva

Conversazione telefonica con una amica, biologa di formazione, che insegna a Taranto. Sono via da tanto, la prendiamo alla lontana, il tempo che fa, il mare, i mari. Le elezioni: ci sono le elezioni a Taranto, tre giorni dopo il Regno Unito. Ah, già, e chi sono i candidati? I cittadini liberi e pensanti che cosa faranno? “Credo che appoggino una lista dei Cinque stelle, con un loro candidato, un avvocato, devi averlo conosciuto a suo tempo”. Ho visto che Franco Sebastio, appena pensionato dal ruolo che assai onorevolmente ricoprì a capo della Procura, ha deciso di presentarsi con una lista civica, avevo pensato a uno scherzo, perché lui è un tipo serio ma spiritoso. “Macché, fa sul serio e basta. Come attenuante non ha nessuna possibilità di vincere. Alcuni dei suoi sostenitori, più o meno renitenti, furono indagati da lui”. Ma i suoi amici più responsabili come hanno reagito? “Devi chiederlo a lui, immagino che siano costernati”.

 

Sai, di fronte a tanto sprezzo, se non del pericolo, del ridicolo, provo quasi una simpatia. Ma apprezzo sempre di più quella signora giudice, Patrizia Todisco, che diventò così famosa, e presso i peggiori famigerata, per aver tirato dritto sull’Ilva, e non disse una parola allora, e nemmeno dopo aver finito la sua parte: non si sarà mica candidata, vero? “Non se lo sogna nemmeno. In cambio si è candidato l’ex giudice di sorveglianza, Brandimarte”. Ah, guarda, non ne so niente, mi pare che a suo tempo Rita Bernardini e altri radicali benemeriti parlassero bene del suo lavoro col carcere: anche lui non ha resistito? “No, e nemmeno la direttrice del carcere, Baldassarri. Spereranno di spartirsi i voti, i carcerieri lei i carcerati lui”. Non essere cinica. “Se vuoi ti elenco anche i candidati appartenenti alle forze dell’ordine, per compensare l’invadenza della magistratura”. E Stefàno, che conobbi bambino, per che cosa corre? “Per niente. Dopo i due mandati da sindaco – a Taranto parlare di mandati è sempre minaccioso – ne ha abbastanza. Ha ricominciato a visitare bambini, sai che è pediatra, e credo che non ne vedesse l’ora”.

 

Il Pd? “Sai la guerra mondiale a pezzi? Ecco: qui sono scaramucce di periferia, ma quanto a pezzi non ha rivali”. Ma la famosa società civile non ha una sua parte? (Ride: dev’esserle sembrata una gran battuta). “C’è Cito. Ti ricordi Cito”. Naturalmente, chi lo dimentica. “Be’, è candidato: non proprio lui, suo figlio. Ma non cambia molto”. Voi tarantini, con l’allegria dei sarcasmi.  

 

Ai Tamburi immagino che piova sul bagnato. “Ah, quando eri via, non l’avrai saputo, le Iene sono venute, i poveri hanno messo dieci euro, hanno comprato una maglietta, col ricavato hanno noleggiato un pediatra per un anno, che aiuti lo stato italiano e gli enti locali a curare le malattie dei bambini del rione”. Di Taranto Vecchia non ti chiedo, il mio Angelo Cannata mi ha raccontato che hanno dovuto chiudere anche la Torre dell’Orologio e l’Associazione che la rendeva accogliente. “Ti ha raccontato che oltre allo spaccio si riesce a fare poco di più?” Loro almeno non si candidano. Ma la città? Il Palazzo degli uffici, il liceo Archita? Sono finiti i lavori? “Che pretese, sono cominciati sì e no da quindici anni. E’ tutto come te lo ricordi. Noi sappiamo come conservare i monumenti”.

  

Il Museo, la sua nuova veste, la sua direttrice straniera – di Pistoia? – ha una faccia bella quasi come quella della signorina di terracotta del primo piano coi capelli e le labbra rosse. Una meraviglia, no? “Il Museo va e va il Castello Aragonese anche, l’ammiraglio Ricci tiene duro. Taranto può guardare fiduciosa al passato remoto”. La squadra di calcio? “E’ appena retrocessa”. Ah, scusa. “Prego”. Dimmi allora, a piacere, una cosa almeno che tiri su il morale. “Lasciami pensare. Magari ti richiamo domani. Però posso dirtene una che butta giù. C’è lo Hotspot al porto, qualche centinaio di arrivi al giorno, una febbriciattola xenofoba che corre sotto la pelle della città, e qualche eruzione di razzismo”. E’ un argomento forte nella campagna elettorale? “Non il principale: è più forte la concorrenza fra i cattivi argomenti. O meglio, fra gli argomenti trattati con cattiveria”. Tu come stai? “Non mi lamento, grazie”.

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