Esodo di yazidi (foto LaPresse)

Il mondo si è accorto del genocidio degli yazidi

Adriano Sofri
Le persone che più concretamente fuori e dentro del Kurdistan iracheno si impegnano a questa causa continuano a sottolineare una sproporzione forte fra i riconoscimenti simbolici e i fatti.

    Dopo i riconoscimenti dell’Onu, il premio Sacharov assegnato a due giovani donne dalle storie esemplari per la tragedia del popolo yazida conferma l’impressione che finalmente l’ignoranza, l’indifferenza o la minimizzazione nei confronti di quel capitolo più orrendo della orrenda storia del jihadismo dell’Isis siano superate, e che il mondo, e anche una parte significativa del bel mondo, il che non nuoce, ne stia sposando, con più di due anni di ritardo, la causa.

     

    Tre giorni fa è stato il Parlamento canadese a votare all’unanimità sulla natura della persecuzione degli yazidi come genocidio, e ad annunciare una disponibilità ad accoglierne dei rifugiati. Ma le persone che più concretamente fuori e dentro del Kurdistan iracheno che si impegnano a questa causa continuano a sottolineare una sproporzione forte fra i riconoscimenti simbolici e i fatti. I fatti vanno dalle risorse destinate al soccorso, a cominciare da quelle che possono ancora voler dire la liberazione di prigioniere abusate e torturate, alla rivendicazione del riconoscimento dei crimini di guerra commessi contro gli yazidi oltre che nelle sedi politiche nella sede pertinente della Corte Penale Internazionale. Questo giornale ha avuto un’attenzione frequente alla persecuzione degli yazidi come di altre minoranze, compresi i cristiani d’Iraq e di Siria delle varie confessioni.

     

    Segnalo che a Roma, nell’ambito del congresso dei Radicali italiani, dunque in una sede aperta a tutti, domenica pomeriggio si discuterà delle persecuzioni delle minoranze in Iraq e Siria con l’intervento della signora Vian Dakhil, unica deputata yazida al parlamento iracheno, colei che per prima seppe gridare al mondo l’infamia che si stava abbattendo sulla sua gente, della signora Nareen Shammo, attivista e giornalista yazida, di Abdulahad Astepho, esponente assiro-caldeo siriano, di Rami Nakhla, capo del Syria Team di Non c’è pace senza giustizia, della giornalista Francesca Paci e di altre voci competenti.