C'era una volta la libertà di riunione

Rocco Todero

La Costituzione più bella del mondo vige a giorni alterni. La sua efficacia il prossimo 28 ottobre sarà, con ogni probabilità, sospesa

Lo storico Massimo Salvadori, interpretando correttamente il pensiero di Hans Kelsen, giurista praghese la cui statura intellettuale ha occupato tutto il XX secolo, ha affermato che “la democrazia - secondo Kelsen - è quella forma di Stato che meno si difende dai suoi nemici. Sembra essere suo destino tragico quello di doversi tenere in seno il suo nemico più feroce. Se essa resta fedele a se stessa, deve sopportare anche un movimento volto alla distruzione della democrazia, deve garantire a questo movimento, come ad ogni altra convinzione politica, le stesse possibilità di sviluppo.”

 

Karl Popper, da parte sua, illustrando il paradosso della tolleranza riteneva che: ” Meno noto è il paradosso della tolleranza: la tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.” Il filosofo austriaco, tuttavia, subito dopo precisava che la risposta intollerante dei tolleranti deve manifestarsi solo allorché gli intolleranti rispondano agli argomenti dei primi con l’uso della violenza e non già sino a quando il confronto rimanga su un piano eminentemente discorsivo.

 

La Costituzione repubblicana più pragmaticamente, con riguardo alla libertà di riunione, prevede all’articolo 17 che “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.”

 

La Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo all’articolo 11, dopo avere disposto che ogni individuo ha la piena libertà di riunirsi con altri pacificamente, prevede che l’esercizio di questo diritto non possa essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

 

La Corte Costituzionale e la Cassazione penale più volte hanno stabilito che la libertà di riunione può trovare legittime limitazioni solo dinanzi alla necessità di tutelare diritti altrui di rango parimenti costituzionale o interessi dello stesso rilievo.

 

Il Consiglio di Stato ancora il 17 marzo di quest’anno ha affermato che: “La riunione in luogo pubblico può essere vietata solo quando vi sia un pericolo notevolmente probabile (comprovato) di incisione sulla sicurezza o sull'incolumità pubblica.”

 

Aprendo un qualunque manuale di diritto costituzionale potrete leggere affermazioni del genere: "Quanto ai comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica che consentono di vietare preventivamente le riunioni in luogo pubblico, si deve osservare che essi impongono all'autorità di pubblica sicurezza di addurre motivazioni specifiche e non generiche circa i possibili turbamenti dell'ordine pubblico: da qui i dubbi di legittimità costituzionale di ogni provvedimento governativo che vieti, per motivi politici, le riunioni di ogni genere per un dato tempo in determinati porzioni di territorio dello Stato".

 

Penso possa bastare.

 

La considerazione che invece hanno della libertà di riunione alcuni italiani che si sono trovati del tutto casualmente a ricoprire posti di responsabilità all’interno delle istituzioni della Repubblica la troverete rappresentata nelle pagine dei quotidiani di questi giorni.

 

Parlarvene sarebbe una perdita di tempo prima ed una mancanza di rispetto poi.