Luis Enrique (foto LaPresse)

Ci sono giorni che vorresti parlare di Luis Enrique e invece finisci col parlare di Pioli

Maurizio Crippa

Pare che nella notte il tecnico dell'Inter abbia pensato di lasciare. Ma pare che l’abbiano convinto a morire ancora un po’ lì, su quella panca che scotta

Ci sono dei giorni che vorresti occuparti di Luis Enrique. Un po’ perché è sempre bello ricordarsi di quando i romanisti gli scrissero: ma vattene a Barcellona a vincere la Champions. Un po’ perché così avercene, almeno sotto il profilo del buon umore. Il Barça, com’è noto, ha preso una euro-scoppola dallo squadrone che vincerà la Champions, offrendo al Camp Nou il volto cianotico della squadra finita, del mito svaporato. Roba da non riprendersi più. E invece, poche ore di sonno dopo, arieccoli. A bastonare, al Bernabeu, il Real. Cose che fanno bello il calcio. E Messi, pur preso a martellate sulle gengive e incerottato, a guidare il trionfo. E Luis Enrique, appunto, a ridersela beato come un soldatino in libera uscita: “Messi è determinante anche quando è a casa a cenare”. E pure: “Mi sono appellato allo spirito di Sant Jordi, non poteva finire meglio di così”.

 

Ecco ci sono dei giorni che vorresti parlare di Luis Enrique. E invece finisce che la lingua ti s’impiglia lì, dove fa male. E parli di Stefano Pioli. Che non sai più – nessun tifoso bauscia né psicoanalista interologo lo potrà mai sapere – se sia un disastro lui, o sia l’ennesimo agnello al macello divorato della Banda degli Orfani (orfani di Mou, of course). Sta di fatto che la squadra del bravo e apofatico tecnico emiliano dalle scoppole non si riprende, anzi passa da una all’altra con una facilità all’Assurdo (maiuscolo) che Jonesco ci ha provato tutta la vita, ma non l’ha mai raggiunto. E così Pioli ha niente da far battute, e manco è il suo stile. E nella notte ha pensato di lasciare. Ma pare che l’abbiano convinto a morire ancora un po’ lì, su quella panca che scotta. Il che forse è un gesto di fiducia. Ma forse, ed è più probabile, è soltanto quella famosa, ineffabile, mania dei cinesi per le torture lente, lente…

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"