The Big Sick, Pakistan e corna

Mariarosa Mancuso

Finalmente riusciamo a vedere il film di Kumail Nanjiani e ne usciamo con qualche riserva 

Capita, quando le aspettative sono alte. (E sappiano i pessimisti: capita anche quando le aspettative sono basse, non se ne esce). Sentiamo parlare di un film dallo scorso gennaio (era al Sundance). Resistiamo alla tentazione di cercare un hacker che in qualche modo possa procurarcelo. Continuiamo a leggere recensioni e commenti – lo distribuisce Amazon, dal 23 giugno scorso è nelle sale Usa. Ne ricaviamo che “The Big Sick” di Kumail Nanjiani è uno tra i rari film della stagione che non abbia nel guardaroba maschile una tuta da supereroe. Il produttore si chiama Judd Apatow, l’uomo dietro il debutto televisivo di Lena Dunham con “Girls”. (Avete notato? Un paio d’anni fa non se ne poteva fare a meno, ora la serie più che finire si è spenta).

   

 

 

Finalmente riusciamo a vedere il film – uno dei pochi titoli ghiotti nel programma del Locarno Festival – e ne usciamo con qualche riserva. Non che “The Big Sick” sia brutto. Vale il prezzo del biglietto, tentando la difficile strada della commedia romantica moderna e dunque multiculturale. Tra un giovanotto pachistano con una madre che crede fermamente nei matrimoni combinati – a scadenze regolari invita una ragazza nuova, fingendo che sia passata per caso – e Zoe Kazan (nipote d’arte). È che frequenta il territorio tutto americano della stand up comedy – l’attore solo sul palco con il microfono – scegliendo come protagonista il comico di origine pakistana Kumail Nanjiani (che è il regista del film, e la storia l’ha vissuta davvero). Sarà che ci siamo rovinati il palato guardando Louis C. K. – ma anche Sarah Silverman, o Amy Schumer – ma le battute sul palco proprio non fanno ridere (e non fanno ridere neppure le battute della ragazza grassa con i codini che sale sul palco prima di lui, e neppure quelle dell’aspirante comico che tutti sfottono, perché appunto sfodera sempre lo stesso repertorio di battute che non fanno ridere).

    

Emily e Kumail si incontrano a uno spettacolo di lui, fanno l’amore la sera stessa (una volta sola: “Non lo faccio mai due volte al primo incontro”, spiega lei che ha sani principi). Non si impegnano ma si vedono spesso, naturalmente lui non confessa nulla alla mamma pachistana. Finirà per bruciare le fotografie delle brave musulmane che gli hanno proposto in moglie – le conserva sul comodino in una scatola di sigari – offrendo le ceneri a Emily con pegno d’amore. Lei intanto finisce all’ospedale, in coma per scelta dei medici curanti.

  

Nella vita Kumail Nanjiani e la co-sceneggiatrice Emily Gordon hanno passato il brutto momento e ora sono felicemente sposati. Al cinema poteva andare un po’ più veloce, quando arrivano i genitori Holly Hunter (qualche smorfia di troppo) e Ray Romano. Due o tre cose del Pakistan sappiamo anche noi, e le corna sono uguali dappertutto.

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