Civilità perduta

Di James Gray, con Charlie Hunnam, Robert Pattinson, Sienna Miller, Tom Holland

Era un regista fieramente metropolitano. Raccontava poliziotti, gangster, amanti che come in “Two Lovers” si guardavano dalla finestra. O immigrati, come nel poco riuscito “C’era una volta a New York” (dove il suo nonché nostro prediletto Joaquin Phoenix stava a fianco di Marion Cotillard, polacca sbarcata a Ellis Island per far da calamita alle peggio sciagure).

 

Ma sempre c’erano i grattacieli, e semmai Little Odessa. L’ultimo posto dove aspettavamo di incontrare James Gray era la foresta amazzonica di inizio Novecento. “L’unico spazio ancora bianco sulla mappa del mondo”, spiega l’esploratore britannico Percy Fawcett, che non vede l’ora di lasciar sola la moglie Sienna Miller per avventurarsi dove gli uomini bianchi non erano mai stati. E dove nessuno gli avrebbe rimproverato le sue origini, sussurrandogli in pubblico la frase “ha scelto male i suoi antenati”.

 

Spedizione dopo spedizione, Percy Fawcett si convince che nello sprofondo sorga un’antica e grandiosa città. Decide di trovarla (o di morire nel tentativo, incidente che quando si cerca l’Eldorado mai si può escludere). Sacrifica numerosi colleghi avventurieri, per non parlare delle guide locali, e cresce il figlio con la stessa fissazione per “La perduta città di Z” (era il titolo originale del film; non terribilmente invitante, ma meglio dell’italiano che suggerisce “sussidiario” o “esame di maturità”).

 

Nel film l’esploratore ha la faccia di Charlie Hunnam, e una barba che ne accentua la somiglianza con Brad Pitt (resta solo come produttore del film, le prime notizie lo davano protagonista). Barba da hipster, troppo curata viste le circostanze, anche per Robert Pattinson: fa di tutto per non farsi riconoscere, dopo la saga “Twilight” (e se c’è un personaggio sopra le righe, come il rapinatore pasticcione in “Good Time” dei fratelli Safdie, subito l’acchiappa).

 

Non esiste Amazzonia senza omaggio a “Fitzcarraldo” di Werner Herzog, quindi in “Civiltà perduta” arriva puntuale l’opera lirica (oltre a una colonna sonora old style di Christopher Spelman). A noi fissati con la città, sospettosi di ogni orizzonte esotico e tribale, non è bastato per apprezzare l’ossessione.

 

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