L'allestimento di Fra Diavolo all'Opera di Roma

Dopo un secolo Fra Diavolo torna a Roma, in 3D

Mario Leone

L’opera comica di Daniel Auber nella capitale fino a sabato con una scenografia all'avanguardia

Fra Diavolo, l’opera comica di Daniel Auber, è in scena con unanimi consensi sul palco del Teatro dell’Opera di Roma. Un titolo che non compariva da cento anni nel Teatro Romano, ignorantemente tacciato di frivolezza e scarso spessore culturale. Infatti non gode di quella fama che avvolge opere dello stesso periodo, si pensi solo che un anno prima, nel 1829, vi fu la prima dell’arcinoto Guillaume Tell rossiniano. Nella scrittura di Auber troviamo molto Rossini e proprio in Fra Diavolo ci sono molteplici riferimenti al maestro pesarese: l’utilizzo del travestimento e la presenza di una coppia straniera che ricorda il Viaggio a Reims per citarne alcuni. Per non parlare della partitura che tenta, in alcuni passaggi, di riproporre il bel canto rossiniano.

 

È il 1830 e l’Opéra-Comique di Parigi ospiterà la prima esecuzione di Fra Diavolo. Con un pieno successo di pubblico e con 909 repliche all’Opéra sino ai primi anni del 1900. Tre atti per quasi tre ore di musica. In Italia questo lavoro è molto più famoso non tanto per le melodie o per l’ambientazione a Terracina ma per il film di Stanlio e Ollio del 1933 che portarono al cinema una rivisitazione parodistica del brigante.

 

Fra Diavolo è una canaglia le cui malefatte si intrecciano nei percorsi di Zerlina, figlia del locandiere di Terracina e innamorata di Lorenzo, brigadiere dei gendarmi che dà la caccia proprio a Fra Diavolo, uomo, come egli stesso canta, che ruba ai mariti e fa innamorare le mogli. I malcapitati questa volta sono una coppia inglese, Lord e Lady Rocburg, spaesati viaggiatori incoscienti della furbizia del brigante. Ma Fra Diavolo non è personaggio che si accontenta e punta a derubare anche Zerlina (che soffre pene d’amore perché il padre vuole darla in sposa a un vecchio possidente). La vicenda, molto lineare, si risolverà con il coronamento della storia d’amore tra Lorenzo e Zerlina, e Lorenzo che riesce ad arrestare il malavitoso.

 

Alla gioia di poter riascoltare un lavoro molto interessante si unisce un’assoluta novità nel panorama operistico: per la prima volta le scene, a cura di Giorgio Barberio Corsetti e Massimo Troncanetti, sono stampate in 3D. Una prima nella prima, che potrebbe avere sviluppi futuri. L’esperimento funziona molto bene. Si è di fronte a un lavoro imponente che parte dal profilo intrinseco del protagonista: Fra Diavolo – luciferino, diabolico e criminale – è un personaggio capace di suscitare fascino, perturbare e deformare la realtà di chi gli sta attorno. Il 3D rende bene questa deformazione. Una scenografia che esplora la plumbea psiche del personaggio quasi in contraltare a una musica molto briosa e brillante. Il pubblico in sala è aiutato a entrare in maniera ancora più realistica nell’ambientazione. Quest’ultima (curata dalla regia di Giorgio Barberio Corsetti) in stile Italia anni Cinquanta-Sessanta, che evoca scene di “Pane, amore e fantasia”.

 

Il tratto comico, il tono leggero della musica che delinea bene i personaggi e arriva facilmente all’ascoltatore sono ben resi dal cast in scena all’Opera, anche dal direttore Rory Macdonald (e non MacDonald come i panini a cui pensavano a Repubblica), bacchetta sicura e fedele alla partitura. Ci si diverte tanto, si è sempre ben catturati e la tensione dello spettacolo risulta sempre viva. Vi sono anche delle proiezioni durante le arie dei personaggi. Se ne fa molto uso negli ultimi tempi (si pensi alla prima di Santa Cecilia di quest’anno) ma che non aggiunge un granché alla bellezza della musica e della storia raccontata.