Bello FiGo

Ascoltare Bello FiGo per capire i tic della politica (e il referendum)

Stefano Basilico

In quattro anni nessuno ha capito se il rapper intellettuale/trash di origini ghanesi faccia sul serio o meno. Intanto prende in giro chiunque e ogni suo video ha milioni di visualizzazioni

Comprereste un’auto usata da un tizio che ha un vistoso tatuaggio di Hello Kitty sul petto? Probabilmente no, ma altrettanto probabilmente un collega annoiato durante la pausa caffè vi avrà fatto ascoltare una sua canzone. Quattro anni dopo il suo esordio su YouTube nel mondo del trash-rap italiano, Bello FiGo si conferma uno degli intellettuali più seguiti dai giovani italiani, macinando milioni di visualizzazioni e alzando il tiro, dopo successi basati sulla pasta col tonno, l’onanismo, il junk food e il sessismo adolescenziale. Il giovane parmense di origini ghanesi si è reso zimbello del web, arrivando però a fare decine di milioni di click con una produzione artistica quasi quotidiana, con serate in discoteca e mettendo insieme un discreto gruzzolo. Ora dice la sua anche sul referendum.

Già nel 2013 Mattia Costioli su Noisey, sperticandosi in analisi grafiche dei testi di Bello FiGo, lo definiva “un genio creativo”. Perché? Perché tra “boneggiamento” (un misto tra il cazzeggio e l’erezione, dall’inglese “boner”, pare) e altre attività “swag”, Bello FiGo parla anche di politica, con sferzate sia ai radical chic che agli xenofobi. Negli anni tanto è cambiato, a partire dal suo nome, originariamente “Guccy Boy”, prima che la casa di moda lo trascinasse in tribunale e lo costringesse a “raggiungere un accordo”. E’ cambiata anche la maturità artistica del genio da cameretta, che ha compreso che la rabbia fa capitalizzare più del ridicolo e combinare le due cose lo avrebbe fatto guadagnare, quantomeno in termini di popolarità sul web. Dunque ha iniziato a tirare per la giacchetta personalità politiche nei suoi brani non-sense, che generalmente seguono uno schema ossessivo alla nausea: “sono bello/figo/ricco, come…”.

Due anni fa l’exploit con “Matteo Renzi” (o meglio, Rensi): video con balletto tanto improbabile quanto l’outfit, nessuna linearità tra strofa e ritornello, costanti versi in un’incomprensibile lingua biascicata. Risultato, un milione di visualizzazioni, live in tutta Italia, comparsate in Rai e nei tg Mediaset. Stesse visualizzazioni l’anno prima per il suo omaggio al Cav, “SwaG BerLuSconi”. Nel suo non prendersi sul serio, Bello FiGo riesce a garantire appeal anche al canuto Presidente della Repubblica, anch’egli “SwaG Matarella” con cui, a suo dire, condividerebbe l’acconciatura “fresha”. La scorsa estate il Nostro si propose di andare a salvare i Marò, ovviamente con ragazze rigorosamente bianche al seguito; in “Ho Paura di isis” ci rivela le sue preoccupazioni sul terrorismo islamico, mentre in “Mussolini” e “Adolf Hitler” tocca l’intoccabile, paragonandosi ai due dittatori in quanto “troppo lini” nel primo caso e “bello, ricco e morto” come il Führer nel secondo.

 

 

L’ondata di commenti ilari fa il paio con quelli apertamente razzisti e le minacce di morte. Negli ultimi giorni in un video su Instagram un membro del gruppo rap romano “Dark Polo Gang” l’ha definito “negro di merda”, per poi prodigarsi in un filmato di scuse poco dopo.

L’ultimo successo parla di un tema scottante. In “Non Pago Affitto” – già anticipato da “Sono Bello Come Profugo” – Bello FiGo si prende gioco delle polemiche sull’immigrazione e sui suoi costi in termini di welfare. Tra i punti salienti “io dormo in albergo a quattro stelle perché sono bello, ricco, famoso, nero”.  Ha già lanciato una canzone a favore del “Si” al referendum, con argomentazioni facilmente immaginabili, ma che nel polverone politico degli slogan risulta quasi più credibile dei comunicati stampa di molti onorevoli.  Il succo del brano è: “Vogliamo votà PD perché ci mette in albergo a quattro stelle, non la Lega Nordo”.

 

 

Intellettuale? Ebbene si, perché in quattro anni nessuno ha capito se faccia sul serio o meno; perché, con onomatopee fastidiosamente futuriste, tratta temi di attualità che molti colleghi “rapper” col patentino hanno abbandonato; perché fa ridere, incazzare, indignare milioni di persone con frasi senza senso, maiuscole a casaccio e continui richiami ad una sessualità da ragazzino infoiato, provocando reazioni che i parrucconi delle colonne dei grandi quotidiani si sognano.

Bello FiGo ci insegna che si può scherzare su tutto, sulle paure, sul terrorismo, sui dittatori ma soprattutto su noi stessi.

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