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Sudata e a costume intero, l'estate fugge dalle spiagge e diventa urbana

Simonetta Sciandivasci

Il bikini è roba del passato e le mete più gettonate dai vacanzieri 2017 sono spa e terme. A Milano intanto spuntano i bagni misteriosi

La vacanza è un’atmosfera che le città hanno imparato a riprodurre perfettamente e, se non fosse per la resistenza socio-culturale (non partire nemmeno ad agosto colloca ancora tra i miserabili della terra), l’estate urbana sarebbe l’ideale di tutti. Il sapore di mare metropolitano è migliore dell’originale: i bar si trasformano in chioschi (con i cocktail dei bartender, cioè dei diplomati in cocktail, mica dei bagnini); i marciapiedi in spiagge, le piscine in lagune o – magnificazione del vecchio (stile) – in bagni (si vedano i Bagni Misteriosi, naturalmente a Milano, ché sotto Roma un nome così avrebbe dato adito a ironie di bassa lega). Si sono inurbate perfino le ragazze belle del mare maremare, quelle che, per raggiungerle, Luca Carboni aveva comprato una moto usata ma tenuta bene, viaggiandoci di notte, da Bologna, per la voglia di arrivare, con l’onda nel cuore prontissima a frangersi, rifrangersi, spumare, sparire.

L’estate addosso, quest’anno, non è lo spleen di Jovanotti, che a maggio ne aveva già abbastanza e aspettava la “strana felicità di settembre”, bensì le ciabatte e il costume (intero) anche a lavoro: “addio body!”, festeggia il sito di Marie Claire, che fornisce istruzioni precise su come abbinare il costume ai jeans, alla gonna bon ton, ai pantaloncini “tagliati a vivo” (e speriamo in presenza, se non di un medico, almeno di un avvocato), allo scamiciato.

 

L’intero sorpassa il bikini ormai da qualche anno, cioè da quando coprire il corpo femminile è non solo una delle tante pratiche che le donne hanno voluto dimostrare di saper svolgere meglio degli uomini, ma pure, forse, un risultato interculturale. La modest fashion, cioè la moda che rispetta i precetti coranici (500 miliardi di fatturato attesi per il 2019), deve aver dato il suo contributo alle iniezioni di morigeratezza di cui il femminile s’è ritenuto bisognoso, non più e non solo per sottrarsi alla reificazione del corpo, ma pure per elaborare un’immagine meno frivola e più battagliera. Indossa il costume intero la ragazza disegnata sulla prima copertina estiva del New Yorker. Ha i muscoli, è nera, porta gli occhiali e, in piedi in posa agonistica, regge un pallone gonfiabile. Non sorride. Con addosso un bikini, non avrebbe trasmesso rivalsa e fermezza in modo altrettanto efficace, poiché da sempre il due pezzi dice t’aspetto, mentre l’intero dice t’azzanno. E non c’è contraddizione alcuna nel fatto che il must dell’estate sia l’intero rosso Baywatch, dal momento che non è stato disegnato per la spiaggia – dove effettivamente rievocherebbe Pamela Anderson e quella assurda idea per cui una donna al mare o è bagnina o è bagnante – ma per la città, dove si limita a rievocare il mare con una vividezza sufficiente a sopire il desiderio di andarci davvero.

 

Non sono rivierasche le mete più gettonate dai vacanzieri 2017: si preferiscono spa e terme, quindi posti dove recarsi a onorare meglio le liturgie che già si osservano per tutto l’anno: dieta, disintossicazione, meditazione, drastica riduzione delle possibilità di incontrare sconosciuti che desiderino il nostro corpo più del nostro intelletto o blitz di neofascisti. Domenica scorsa, a Ostia, un plotone di Casa Pound ha costretto un imprecisato numero di venditori abusivi a lasciare la spiaggia, in mezzo a una folla di signore incredule e dispiaciute: niente più collanine in nero. E’ comprensibile che l’estate cominci a battere la ritirata dalle spiagge e a rifugiarsi in città, dove la si venera, ripulisce e istruisce sui progressi socio-culturali.

 

Il tempo in cui l’attesa dell’estate era essa stessa estate e la città faceva scrivere a Vincenzo Cardarelli “distesa stagione dai densi climi, dai caldi mattini, dalle albe senza rumore” è stato inghiottito e ha trascinato con sé l’illusione che, per dieci giorni all’anno, il tempo sia nei giorni che passano pigri e in bocca lasciano solo il sapore del sale. “L’alba è diventata il futuro e ogni giorno è lì, che mi si presenta e mi chiede cosa ne penso”, ha scritto Alberto Schiavone nel suo racconto estivo per Futura del Corriere della Sera. Altro che senza rumore.

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