Studenti di un campus universitario americano (Foto Wikicommons)

Si possono combattere gli stupri senza ledere il giusto processo

Il dibattito americano su come stabilire un rapporto equilibrato fra accusa e difesa

In tempi di polemiche, ritrattazioni, inquietanti lampi di pornografia giornalistica e fake news attorno al tema degli stupri, uno squarcio sul versante americano può aiutare a mettere le cose in prospettiva. Da anni le università americane hanno scelto di aderire a un protocollo molto severo per decretare la colpevolezza di chi viene accusato di molestie. Nei regolamenti interni dei campus non è necessario essere colpevoli “al di là di ogni ragionevole dubbio” per essere puniti, basta che la “preponderanza delle prove” sia contro il malfattore e a favore della vittima. Questo passaggio è avvenuto sullo sfondo di un ampio dibattito sui parametri con cui stabilire se un rapporto avviene in modo consenziente, con stati e istituzioni che hanno aderito alla cosiddetta regola del “yes means yes”: occorre una conferma positiva, esplicita, dichiarata e confermata da parte del partner per avere un rapporto sessuale. Il silenzio non è un assenso. Le disposizioni hanno dato un immenso potere alle commissioni etiche delle università e hanno fatto aumentare notevolmente il numero delle denunce e delle espulsioni per molestie.

 

Ma ad aumentare sono stati anche gli esposti di studenti che dicono di essere stati puniti ingiustamente da un sistema in cui un ragazzo considerato innocente al 49,9 per cento viene condannato. Questo mutamento legale e culturale è stato messo sotto accusa dal segretario dell’educazione, Betsy DeVos, che in un discorso ha contestato il dispositivo introdotto con una semplice circolare a tutte le università americane dal sottosegretario per l’educazione, Russlyn Ali, nel 2011. Il memorandum noto come “dear colleague” invitava gli amministratori universitari a usare il metro della “preponderanza delle prove” e a “minimizzare il peso sulle spalle delle vittime”, cosa che si è sovente tradotta in punizioni sommarie e senza prove definitive. Dalla diramazione della circolare 150 studenti puniti hanno denunciato le università per il trattamento a loro dire ingiusto che hanno subito. In un caso famoso all’Amherst College la commissione giudicante si è rifiutata di ammettere come prova valida il lungo scambio di messaggi che ha preceduto e seguito l’atto incriminato. La versione dell’accaduto sarebbe cambiata istantaneamente. “Uno stupro è troppo, ma anche una persona che si vede negata un giusto processo è troppo”, ha detto Betsy DeVos, suscitando le ire degli attivisti che la dipingono come poco meno di una fan dei molestatori. Forse quello che DeVos sta tentanto di fare è semplicemente stabilire un rapporto equilibrato fra accusa e difesa in un sistema “failed” – come lo definisce lei – che corre troppo in fretta alla ricerca di colpevoli.

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