manifestazione del KKK ad Atlanta, Usa (foto LaPresse)

Per attaccare Trump i giornali danno credibilità planetaria a trecento neonazi della alt-right

Si tratta dunque di un gruppo irrilevante in cerca di pubblicità gratuita. Poi, però, c’è The Donald. E qui la questione si fa più complicata

New York. Trecento suprematisti bianchi delle catacombe americane non avevano mai sognato di ricevere tanta attenzione. Richard Spencer e la alt-right, rispettivamente un ideologo residuale dell’etnonazionalismo e un gruppuscolo della sottocultura nazistoide, sono stati esposti così tanto all’indagine dei media da diventare un feticcio, un esagerato segnavento di chissà quali involuzioni a sfondo fascista. Leggere l’enfasi di certi reportage sulla loro conferenza e la seguente cena getta in un clima di terrore, infondendo l’idea che l’America sia sul crinale del totalitarismo. Spencer e gli altri hanno in realtà soltanto applicato l’antico principio per cui non esiste la cattiva pubblicità, legge che Trump conosce bene e che non è contraddetta nemmeno nel caso in cui si parla di loro soltanto per dire che sono dei nazisti. Chiedete a Spencer se è più contento della sua posizione di oggi o di quella che occupava un paio di anni fa.

 



 

Si tratta dunque di un gruppo irrilevante in cerca di pubblicità gratuita. Poi, però, c’è Trump. E qui la questione si fa più complicata, poiché si tratta di stabilire, al di là delle dissociazioni ufficiali, quali sono i rapporti impliciti, le connessioni sotterranee fra la concezione del mondo del presidente eletto e quella della alt-right. Spencer da mesi va dicendo, e lo ha detto anche al Foglio a marzo, che Trump è l’eroe della destra identitaria, è il presidente dell’uomo bianco, il restauratore di un mitizzato ordine etnico, ma non sa di esserlo. Non ha la minima idea del suo ruolo nella storia. La alt-right esiste per permettere a un genio inconsapevole come Trump di compiere una missione della quale non è al corrente. In termini meno hegeliani, la alt-right sta saltando sul carro di Trump, fenomeno che accade dagli albori della politica. E’ qui che si esercita il discernimento dei giornali, che sono chiamati a distinguere fra i leader e gli opportunisti che tentano di sfruttarli.

 

 

Un “hail Trump” di trecento teste rasate non fa di Trump un neonazista. L’eccesso di pubblicità per la alt-right ha prodotto un rovesciamento: i giornali credono di usare questi estremisti identitari per attaccare Trump e finiscono per essere usati dagli stessi estremisti come veicolo pubblicitario. La vibrante passione civile delle intenzioni produce un atteggiamento corrivo verso il male che si voleva combattere. E ora il pubblico crede che un movimento certamente significativo da studiare in relazione al contesto politico e culturale sia a un passo dalla marcia su Washington, quando la realtà l’arma più appuntita che ha è una starlette bruciata che si crede la reincarnazione di Hitler.

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