Come fare bella figura in salotto senza necessariamente sapere quel che si dice

Scrivere

Andrea Ballarini

Una volta o l’altra l’idea passa per la mente a quasi tutti. Poi qualcuno lo fa davvero. Ecco perché non vi potete permette di non avere nulla da dire (o da ridire). Qui trovate qualche utile spunto per conversare a casaccio

- Ripetere spesso di voler scrivere un romanzo. Non scriverlo.

 

- Desiderarlo ardentemente, ma rammaricarsi di essere troppo indaffarati e di non trovarne proprio il tempo. Applicabile anche alla lettura.

 

- La mia vita è un romanzo. Non dirlo neanche per scherzo.

 

- Se si fa un lavoro per cui si scrive molto (giornalista, copywriter, ricercatore ecc.) farlo con sufficienza, giacché sprecare il proprio talento con tali basse occupazioni è delittuoso. Non provare neppure a scrivere qualcosa di più alto. O, peggio, provarci.

 

- Ricordarsi di dire che saperlo fare è un dono. Ci si qualifica come esperti replicando che per il 95% si tratta di duro lavoro.

 

- Conservare i propri temi delle medie e di tanto in tanto farli leggere agli amici. Don’t.

 

- Ammorbare gli amici scrittori proponendo manoscritti di chiunque. Quelli possono utilimente replicare che per fortuna non hanno scelto la carriera di oncologi.

 

- Con aria da carbonari dare il manoscritto del proprio romanzo a un amico scrittore chiedendogli di dirvi cosa ne pensa. Insistere sulla necessità di essere assolutamente sincero, fino alla spietatezza, se necessario. (Vedi seguente)

 

- Su esplicita richiesta di un amico dare un sincero parere su un suo manoscritto. Perdere l’amico. (Vedi seguente)

 

- Dare il proprio manoscritto a un amico scrittore chiedendogli un parere. Puntualizzare che non c’è alcun bisogno di essere sinceri, sarebbe gradito anche un commento ipocritamente elogiativo. Chic.

 

- Cominciare a scrivere un romanzo. Il primo giorno scrivere per sei ore, il secondo per due, il terzo abbandonare.

 

- Ricordarsi sempre di dire che in Italia nessuno legge ma tutti scrivono. Dolersene. (Vedi seguente)

 

- Farsi un punto d’onore di non scrivere nulla di più lungo della lista della spesa: soprattutto non romanzi, né saggi. Raccogliere il plauso generale.

 

- Strabiliare gli amici rivelando la miserabile percentuale sul prezzo di copertina a cui ha diritto l’autore.

 

- Tuonare contro editori, distributori, librai: tutti avidi e ignoranti. Arabescare a soggetto.

 

- Alimentare la propria mitologia personale raccontando di scrivere sempre la prima stesura a mano – meglio con una vecchia stilografica con inchiostro colorato – e solo in un secondo tempo trascrivere al computer.

 

- Durante le presentazioni librarie divertirsi a inviduare per tempo la settantenne che inevitabilmente a un certo punto stroncherà la platea con un intervento verbosissimo che nessuno riesce a seguire.

 

- Frequentare le presentazioni librarie solo per il buffet. Lamentare che negli ultimi anni siano diventati sempre più spartani.

 

- Negli anni avere perfezionato alcuni format per dedicare i libri. Il difficile è ricordare quale format si è usato con chi, onde evitare imbarazzanti ripetizioni.

 

- Essere invitati a una rubrica televisiva che parla di libri a presentare il proprio romanzo. Andare in onda alle 2.15 del mattino. Rammaricarsene.

 

- Essere colti da violenti accessi di invidia ogni volta che un amico pubblica un libro di successo. Dissentire recisamente dai propri pensieri e concepire profondi sensi di colpa.

 

- Scrivere costa, però è un lavoro da uomo. (Giancarlo Majorino)

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