Foto di Marco Verch via Flickr

Come fare bella figura in salotto senza necessariamente sapere quel che si dice

Le fake news

Andrea Ballarini

Non siamo più sicuri di niente. Neanche di non essere sicuri. Per questo è fondamentale compensare la carenza di certezze con una dose equivalente di sicumera. Ecco una lista di pratici suggerimenti per dissertare sul tema come se la sapeste lunga.

• La peste dell’età dell’informazione. Tuonare contro.

• Fare sottili distinzioni tra fake news e post-verità. Sostenere che le une siano la versione pro delle altre. Per posizionarsi come ironico fustigatore delle perversioni della contemporaneità, citare alla carlona il titolo di un vecchio film di Alain Robbe-Grillet “Spostamenti progressivi del piacere”. (Vedi seguente)

• Cercare di stabilire i confini epistemologici tra bufale e fake-news. Sostenere che le seconde implichino un quid di dolo in più. Aprire dibattito.

• Prospettare l’esistenza di un complotto globale teso a  diffondere le fake news. Qualificarsi come smagati e ironici osservatori del costume contemporaneo suggerendo che, peraltro, non è affatto detto che questa stessa teoria non ne sia una.

• Postare un articolo che non dimostra affatto ciò che dichiara il suo titolo (per esempio: “Ecco come i deodoranti fanno venire l’Alzheimer”), fidando che nessuno legga un pezzo di più di dieci righe.

• Citare “La guerra dei mondi” di Orson Welles. Geniale! Ricordarsi sempre di dirlo.

• Farsi un punto d’onore di non leggere nessun post sui vaccini. Mai.

• Avere un figlio che falsificava il libretto universitario e che quando è stato scoperto si è giustificato parlando di fake news. Ammirare la faccia di bronzo, tuttavia deplorare.

• Adorare i post che cominciano con: “Quello che non vi dicono su...”. Collezionarli avidamente.

• Sostenere che il fenomeno sia gravissimo soprattutto perché ribadisce un’imbarazzante ancillarità nei confronti della cultura anglosassone. Se le avessimo chiamate balle da subito non saremmo mai arrivati a questo punto. Convenirne.

• Sostenere la necessità di creare un organismo di polizia specificamente demandato a combattere il fenomeno. Proporne il nome: “Brigata Pinocchio”.

• Meglio delle buone fake news che delle real news banalissime. Chic.

• Fake news, post-truth, fact-checking, rumors: usarli come sinonimi. Se si è abbastanza famosi si può contare sul fatto che gli altri pensino di essere loro ad averli sempre usati a capocchia.

• Avere sentito dei genitori che raccomandavano ai figli adolescenti di non accettare cookies da siti sconosciuti. Riferire malinconicamente di quanto sia doloroso constatare l’inesorabile trascorrere del tempo.

• Sui media denunciare con toni allarmistici la necessità di intraprendere subito serie iniziative volte a combattere il fenomeno. Non è necessario fare veramente qualcosa. (Vedi seguente)

• Stigmatizzare i signori del web che non fanno niente per combatterle ma in compenso fanno soldi a palate alle nostre spalle. Concionare rancorosamente contro.

• Sostenere l’impossibilità di creare una regolamentazione normativa anti-fake news, poiché è impossibile vietare la stupidità. Di seguito ricordare che il generale De Gaulle, a un suo collaboratore che se ne era uscito con l’espressione “Mort aux cons!”, aveva risposto icasticamente “Vaste programme.”

• Non appena qualcuno sfodera una teoria complottistica, ricordare che non tutte le fake news vengono per nuocere. Infatti, nella Londra vittoriana si diffuse la convinzione che fosse la puzza delle strade a trasmettere le malattie e ciò portò alla costruzione di bagni pubblici e della rete fognaria, ciò che migliorò l’igiene e ridusse i contagi. Tuttavia, poiché diminuì anche il fetore dell’aria, i sostenitori della teoria dei miasmi ebbero la conferma della correttezza delle loro affermazioni. Lasciare la stanza prima che si scateni il dibattito.

• Dissertare sull’etimologia del termine “bufala” che, secondo la Crusca, deriva dall’anello che le bufale portavano al naso e con il quale le si poteva condurre in giro. Replicare che questa sia a sua volta una bufala: la realtà è ben altra. (*)

• All’inizio del Novecento c’è stata la crisi dell’oggettività positivistica e abbiamo avuto Picasso, Pirandello e Freud. All’inizio del XXI secolo viviamo nell’incertezza assoluta ma abbiamo le fake news, Trump e gli haters. Considerare dolentemente che forse la teoria dell’entropia non era una cazzata.

 

 

(*) N.B. La categoria del benaltrismo è sempre opponibile a qualunque affermazione di qualsivoglia natura, suggerendo implicitamente la superiore saggezza di chi la usa. Rammentare.

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