Italconsult e gli ingegneri globali

Stefano Cingolani

Caduta e resurrezione della società di progettazione fondata dai big dell’industria italiana nel 1957. Oggi tra le prime del mondo

"Ecco, legga qua”: Antonio Bevilacqua, ingegnere, professore universitario, imprenditore, mostra un foglio ingiallito datato 16 marzo 1957. “E’ l’atto di nascita di Italconsult. E guardi chi faceva parte del consiglio di amministrazione”. L’elenco è davvero impressionante, ci sono i maggiori protagonisti del mondo finanziario e industriale italiano: Leopoldo Pirelli, Vittorio Valletta, Gianni Agnelli, Umberto Agnelli, il banchiere Stefano Siglienti, Silvio Borri, Giorgio Cappon, Luciano Faina, Piero Giustiniani, Giorgio Valerio, Eugenio Cefis, Carlo Pesenti, Luigi Innocenti, e, naturalmente, Aurelio Peccei. Che cos’è, il salotto buono dell’industria? Una variante della Bastogi o di quel che sarà poi Mediobanca? Il golf club dell’ingegneria italiana? “No, la Italconsult rappresentava al meglio la nostra scuola di progettazione, l’eccellenza professionale portata nel mondo”. Già, ingegneri, progettisti, architetti italiani hanno segnato un’epoca. E adesso? Il giro d’affari aggregato dell’ingegneria tricolore arriva ad appena un miliardo di euro, inferiore a quanto incassa una sola delle principali società europee. Le olandesi Arcadis e Furgo fatturano oltre due miliardi di euro, le inglesi Attis e Mott McDonald arrivano a un miliardo e mezzo, poco meno le francesi Attran, Alten, Egis. Nella classifica internazionale di Engineering News Record (considerata la bibbia nella industria delle costruzioni), la prima società italiana, la Proger (azionisti il gruppo Recchi, la Simest della Cassa depositi e prestiti e la padovana Tifs) è all’81esimo posto con un giro d’affari di 124 milioni di dollari. La Italconsult, numero due in Italia, è salita a quota 99 e punta a 100 milioni di fatturato, con un balzo davvero rimarchevole compiuto negli ultimi anni. Tra discese ardite e risalite, la sua storia rispecchia esattamente la storia dell’industria italiana. Bevilacqua nel dicembre 2012 ha rilevato una società dal gran blasone, ma dai pochi affari. Non si è trattato di una operazione nostalgia, e tanto meno di archeologia industriale, piuttosto è stata (ed è ancora) una scommessa sulla capacità di crescere e modernizzarsi in un campo lontano dai riflettori del circo mediatico, ma che ha una importanza strategica: “L’ingegneria italiana è tuttora apprezzata nel mondo e di qualità paragonabile a quella dei grandi competitor internazionali – spiega – bisogna operare per permetterle di giocare le proprie partite con pari mezzi e dignità”.

 

Ingegneri, progettisti, architetti italiani hanno segnato un'epoca. Ma il giro d'affari dell'ingegneria tricolore arriva solo a un miliardo

Tutto parte da una intuizione di Aurelio Peccei il quale in piena ricostruzione post-bellica capisce la necessità di creare uno strumento che contribuisca a diffondere il saper fare italiano nei paesi in via di sviluppo, sia attraverso collaborazioni dirette con i vari governi, sia attraverso la partecipazione a programmi delle Nazioni Unite, dell’Unesco, della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo e di altre istituzioni internazionali. La missione è esportare la nuova Italia uscita dalle rovine della guerra, il guadagno, l’utile, passa in secondo piano tanto che verrà gestita per molti anni come organizzazione non profit.

 

Peccei nasce a Torino il 4 luglio 1908, da una famiglia di intellettuali liberali e muore a Roma il 13 marzo 1984. Laureato in Economia, entra nella Fiat nel 1935. La sua cultura e la sua conoscenza delle lingue lo portano subito all’estero, in particolare in Cina. Durante la Seconda guerra mondiale partecipa alla resistenza, viene arrestato dalla Gestapo e torturato. Nel 1949 Valletta lo invia in Argentina dove fonda la Fiat-Concord che diviene presto una delle maggiori produttrici di automobili in America Latina. Nel 1964 diventa amministratore delegato della Olivetti e celebra il mitico ’68 lanciando, con il Club di Roma, la sua battaglia sui “limiti dello sviluppo”. All’Italconsult resta presidente fino al 1980, quando la società viene messa in amministrazione controllata. Chiama accanto a sé come direttore generale Raimondo Craveri, intellettuale antifascista, cognato di Benedetto Croce. Anche lui piemontese, nato nel 1912 in una famiglia della buona borghesia piemontese, studioso di Voltaire, viene assunto da Raffaele Mattioli nell’ufficio studi della Banca Commerciale dove conosce Ugo La Malfa. Con lui, diventa uno dei più attivi organizzatori del Partito d’Azione, fondato nel 1942.

 

L'intuizione di Aurelio Peccei, che resta presidente fino al 1980, quando la società viene messa in amministrazione controllata

Il capitale della Italconsult viene sottoscritto da Imi (Istituto immobiliare italiano) con il 25 per cento, Fiat, Italcementi, La Centrale, Montecatini, Sade, Innocenti con il 12,5 per cento ciascuno. Sei anni più tardi entrano anche Pirelli, Edison e Finmeccanica. Teoricamente potrebbe svolgere una gamma vastissima di attività, tuttavia agli inizi opera essenzialmente come "consulting engineer" una figura allora quasi sconosciuta nel panorama italiano, a differenza dal mondo anglosassone. In seguito arrivano anche la progettazione e costruzione di impianti industriali o le opere di bonifica. Una delle più notevoli è nella valle del Nilo per la valorizzazione agricola di una vasta area semidesertica, grazie alla grande diga di Assuan. I lavori vengono consegnati nel 1967, quasi in concomitanza con la Guerra dei sei giorni tra Egitto, Siria, Giordania contro Israele. Intanto, i tecnici italiani elaborano un sistema per salvare il tempio di Abu Simbel dalle acque le lago artificiale creato dalla diga: sollevarlo dopo averlo chiuso in una sorta di grande scatola di tubi d’acciaio. Troppo avveniristico e soprattutto troppo costoso anche se piace all’Unesco. Prevale un altro progetto, tagliando a fette i monumenti (e per questo vennero reclutati i marmisti di Carrara).

 

Tra gli impianti industriali resta nella storia dell'Italconsult quello per la dissalazione dell'acqua marina ad Al Khobar in Arabia Saudita

Tra gli impianti industriali resta nella storia dell’Italconsult quello per la dissalazione dell’acqua marina ad Al Khobar in Arabia Saudita, il primo del genere nel Golfo Persico. Nei soli primi cinque anni di attività furono affidate alla società italiana 52 commesse per incarichi di studi e progettazione: 14 in America Latina, 23 in Africa, 4 in Medio Oriente, 3 in Asia, 1 in Oceania, 7 Italia e Europa per un importo di 92 milioni di dollari americani. Un successo operativo, non accompagnato dal consolidamento finanziario e dalla stabilità nel controllo proprietario. Anche in questo l’Italconsult è lo specchio perfetto della parabola del capitalismo italiano, al punto che viene investita e poi travolta dalla nazionalizzazione dell’energia elettrica (legge del 6 dicembre 1962, Governo Fanfani).

 

Il peso dominante della Montedison nata dalla fusione tra Montecatini, Sade ed Edison grazie agli indennizzi pagati agli azionisti delle aziende elettriche private, fa scemare e poi scomparire del tutto l’interesse di Fiat, Pirelli, Italcementi. La guerra chimica che ha dilaniato i vertici della finanza e dell’industria per quasi vent’anni ha schiacciato anche la società di progettazione gestita in modo sempre più diretto dalla stessa Montedison che, in tutt’altre faccende di potere affaccendata, fa via via mancare il sostegno fino ad arrivare all’amministrazione controllata nel 1980, utilizzando la legge Prodi.

 

Non mancavano le commesse, semmai mancava il capitale. Il 12 novembre 1975 era stato firmato ad Algeri un contratto con la Snic (Société nationale des industries chimiques) per la realizzazione “prodotti in mano” di tre impianti per la produzione di detergenti liquidi e in polvere per un valore complessivo di 130 miliardi di lire. Una operazione di tali dimensioni, in un periodo caratterizzato da accentuata inflazione e con un capitale sociale inadeguato ad affrontare i rischi, in particolare quelli legati al mercato algerino, era destinata al fallimento. L’arresto dei lavori creò un serio problema politico fra l’Italia e l’Algeria e avviò la società d’ingegneria lungo un piano inclinato. Grazie all’azione del commissario straordinario Luigi Cappugi, e dopo non poche sollecitazioni da parte dei rispettivi governi presso i vecchi azionisti (in particolare Montedison) i lavori vennero ripresi dalla Italimpianti (Iri) che subentrò e completò le opere.

 

Al momento della liquidazione, l’Italconsult aveva un organico di 660 persone e un portafogli ordini di circa 150 miliardi di lire (circa 80 milioni di euro). Nel 1984 arriva un gruppo di nuovi azionisti (Danieli & C. 40 per cento, Aturia 30 per cento, Crediop 15 per cento e Mediocredito Centrale, 15 per cento). Tre anni dopo rientra anche l’Italcementi. Nel 1995 diventa azionista la Scetauroute Developpement di Parigi, il più importante gruppo di engineering francese che fa capo alla Caisse de Dépot e a un gruppo di aziende per l’esercizio delle concessioni autostradali. Ma nulla sembra far uscire la società dal letargo. Nel luglio 2006 Enrico Salza, allora presidente del San Paolo di Torino che un anno dopo si sarebbe maritato con Banca Intesa, viene nominato presidente di Italconsult, incorporata in Tecnoinfrastrutture e controllata dalle principali Camere di Commercio italiane. Barocche operazioni che consentono tuttavia di tenere in vita il marchio e far lavorare la società grazie al nome e all’esperienza acquisita in particolare in Nordafrica, medio oriente, Arabia Saudita e Golfo Persico. E’ a quel punto che Bevilacqua realizza il suo sogno, con il sostegno di Banca Intesa che prende un quinto delle azioni.

 

L’ingegnere è a una svolta della sua carriera e ammette di non essersi affatto pentito. Nato a Palermo il giorno di santo Stefano del 1962, si specializza in costruzioni civili, strade e aeroporti in particolare, e nel 1998 vince la cattedra all’Università di Palermo. Alterna l’attività di docente e quella professionale. Il suo studio nella Kalsa, il cuore della capitale siciliana, diventa un punto di riferimento. C’è anche chi mette in giro la voce che “Nino”, come lo chiamano gli amici, possa candidarsi a sindaco di Palermo, rumor accolto dall’ingegnere con un “E che, sono pazzo?”. Presidente dell’autorità portuale, organizza concerti con star internazionali come Sting, ma le sue passioni extra sono l’arte moderna e il vino che produce nella sua azienda “Terrazze dell’Etna” (pinot nero, non solo il tradizionale nerello). Nel 2012 lascia il porto e concentra le sue risorse nel grande salto. Italconsult è sul mercato, sopravvive, ma ha bisogno di slancio imprenditoriale. I suoi mercati principali restano l’Arabia Saudita e il Qatar, il che diventa un rompicapo geopolitico nel momento in cui gli eredi di Ibn Saud rompono i rapporti con l’emiro accusato di sostenere il terrorismo islamico e l’Isis. Bisogna camminare sui carboni ardenti, con grande diplomazia, capacità relazionale e puntando su una professionalità che non è mai stata messa in discussione nemmeno nei momenti peggiori.

 

Crescere è un imperativo categorico perché le società di ingegneria sono uno dei più clamorosi esempi di nanismo nel nanismo dell’industria italiana. Nella Top 100 delle società di ingegneria internazionali, su un fatturato complessivo di circa cento miliardi di dollari, 42 provengono dall’Europa, ma il contributo italiano come abbiamo visto è esiguo. “Questi dati non mettono in discussione la professionalità italiana – tiene a sottolineare Alfredo Ingletti della romana 3TI Progetti – Ma sono i modelli organizzativi a essere inadeguati, con strutture verticali gestite attraverso collaborazioni freelance e associazioni imprenditoriali, con il 90 per cento dei soggetti operanti nel mercato costituito da professionisti singoli”. Ammette Gabriele Scicolone, presidente dell’Oice, l’organizzazione di categoria: “C’è molto da fare per recuperare il ritardo in un mercato dominato da veri e propri giganti pronti a cogliere le enormi opportunità rappresentate dai mercati emergenti e che conoscono in questi decenni la grande crescita economico-demografica”.

 

Nel 2006 Antonio Bevilacqua con il sostegno di Banca Intesa prende un quinto delle azioni. Gli Stati Uniti sono la meta ambita

“E’ la sfida che mi sono assegnato”, spiega Bevilacqua. Lo studio d’ingegneria oggi ha un ruolo diverso dal progettista o dal direttore dei lavori. La sua funzione moderna è di soggetto terzo tra il committente e il costruttore. Ciò rende nello stesso tempo più trasparente e più efficiente l’intera operazione. Strade, acque, porti e aeroporti restano i campi d’intervento tradizionali, ma il futuro è negli ospedali, sia nei paesi in via di sviluppo sia in quelli ricchi dell’occidente la cui popolazione vecchia e satolla è alla ricerca della ricetta per l’immortalità. Bevilacqua vuole espandere le capacità progettuali e fare dell’Italconsult un polo di aggregazione per società che non hanno la massa critica per competere. Recentemente ha acquisito lo studio Altieri, noto per la Pedemontana e il Mose.

 

Il 90 per cento del fatturato viene da oltre confine, come del resto per le principali concorrenti nazionali o i grandi gruppi di costruzioni, da Salini Impregilo ad Astaldi. Nessuno è profeta in una patria che non investe nelle infrastrutture, e non solo per scarsità di risorse pubbliche, ma perché il processo decisionale è troppo lento e accidentato. “Il tempo in questo mestiere è la risorsa fondamentale per stabilire sia il costo sia la qualità e l’utilizzazione dell’opera”, sottolinea Bevilacqua. L’Italia, invece, sembra vivere in una dimensione senza tempo, dove rinviare e non scegliere è una condizione esistenziale e non solo per la politica. Tutti i grandi studi di ingegneria nel mondo sono oggi sempre più globali, ma in Francia, in Germania, in Spagna, persino nella cosmopolita Londra, possono contare su un mercato interno che fa da ammortizzatore. Invece le imprese italiane (e questo vale anche al di là delle costruzioni) sembrano vascelli di ventura che navigano da soli senza flotta e senza porti sicuri. Dove vuole approdare adesso Bevilacqua? La meta ambita è negli Stati Uniti dove sono in ballo investimenti colossali. Credere alle promesse (per lo più non mantenute) di Donald Trump è azzardato, ma le infrastrutture a stelle e strisce sono al collasso. E questa non è una fake news. Italia addio? Nessun tradimento, nessun abbandono, ma se il paese si pasce nella sua immobilità, in apparenza permanentemente scontento, in realtà soddisfatto di sé e sepolto sotto un improponibile passato, che altro c’è da fare?

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