Lo shopping spagnolo di Atlantia è una buona notizia per l'Italia?

Mario Sechi

La società lancia un'opa su Abertis, sarebbe un'acquisizione di grande valore. Ma il carrello della spesa per l’automobilista-contribuente italiano, forse, ha bisogno di una regolata 

San Simplicio

Dritto e rovescio autostradale. Qual è la notizia del giorno? Abbiamo un’azienda italiana che fa shopping all’estero, fatto che nei giornali è come l’uomo che morde il cane. Atlantia ha lanciato un'offerta pubblica di acquisto e scambio sul 100 per cento del capitale di Abertis, l’operazione vale 16,341 miliardi di euro. Autostrade. Reti. Logistica. Servizi. Roba maledettamente e inesorabilmente concreta. Si tratta di una acquisizione di grande valore che farebbe nascere un gruppo mondiale da 36 miliardi di euro con interessi in tutti i continenti. Applausi. E poi? E poi bisogna chiedersi come Atlantia abbia costruito la ricchezza che oggi le consente di tentare il colpaccio iberico. Una non vaga idea possiamo farcela leggendo l’audizione di Paolo Sestito, capo del Servizio di Struttura economica della Banca d’Italia, alla commissione Lavori pubblici della Camera. E’ del giugno 2015, ma state sereni (ops!), il navigatore dice che siamo ancora su quella rotta. Che dice? Cose interessantissime, seguite il titolare di List:

  • Le vigenti concessioni, tutte rinnovate senza passaggio per una gara pubblica, si caratterizzano per durate residue estremamente lunghe;
  • Gran parte della rete è sottoposta a pedaggio;
  • La dinamica effettiva delle tariffe ha superato quella dell’inflazione e consentito livelli elevati di redditività ai concessionari;
  • Le misure adottate per stimolare nuovi investimenti hanno avuto esiti limitati;
  • Il loro rilancio deve essere assicurato attraverso misure che tutelino la concorrenza, garantendo l’ìndividuazione del miglior offerente e la selezione delle opere in base a trasparenti analisi dei loro costi e benefici sociali.

La foto è chiara. Domanda: i ricavi di Atlantia da dove arrivano? Su un fatturato complessivo (2016) di 5,5 miliardi di euro, l’Italia tra autostrade e aeroporti contribuisce per 4.8 miliardi di ricavi, l’utile del gruppo nel 2016 è stato di oltre 1 miliardo di euro (+10 per cento su base omogenea), dividendi in crescita del 10 per cento sul 2015, investimenti per i prossimi 5 anni pari a 8.7 miliardi di euro, circa 1.7 miliardi di euro all’anno. Tutto bene? Torniamo all’audizione, pagina 8:

  • Ogni chilometro di autostrada a pedaggio genera annualmente in Italia ricavi medi per oltre 1,1 milioni di euro: 300 mila euro destinati allo Stato e 850 mila alle concessionarie;
  • Negli ultimi venti anni i ricavi delle concessionarie sono più che raddoppiati, passando da 2,5 miliardi di euro nel 1993 a oltre 6,5 miliardi nel 2012. Tale crescita è prevalentemente da attribuire alla dinamica delle tariffe unitarie, cresciute più della dinamica generale dei prezzi;

E’ un business da slot machine a Las Vegas, con una differenza: in autostrada ci devo andare spesso per forza, al casinò solo se ho soldi da spendere o un amore da dimenticare alla svelta e l’arruolamento nella legione straniera non è ancora comparso come alternativa. Andiamo avanti nella lettura dell’audizione, pagina 9:

  • per via della mancanza di informazioni adeguate sui piani economico-finanziari, è difficile valutare la congruità dell’evoluzione tariffaria effettiva e la sua coerenza coi principi regolatori e normativi stabiliti;

Come sono andati gli investimenti delle società concessionarie? Grafico a pagina 17:

 

Quando scadono le concessioni di Autostrade? 2038. Ultima domanda: come si sono evolute le tariffe rispetto all’inflazione? Questo è il grafico presentato nell’audizione di Bankitalia:

 

 

E’ cambiato qualcosa negli ultimi anni? Pare di no, il trend è sempre quello di una forbice enorme tra inflazione e tariffe. Risultato: ricavi in crescita, reddittività altissima. La famiglia Benetton sa condurre il suo business, non si può dire lo stesso per lo Stato che dà in concessione le autostrade. Si va a fare shopping in Spagna, evviva, ma il carrello della spesa per l’automobilista-contribuente italiano forse ha bisogno di una regolata. Paghiamo il pedaggio. Dove si va? Il titolare di List fa un salto in banca.

 

La Commissione d’inchiesta sulle banche. Se Renzi la vuole, se tutti la invocano, vuol dire che non serve a niente. Solleverà molta polvere, e sotto il tappeto ce n’è già tanta. E’ un fatto ciclico della storia italiana: c’è uno scandalo più o meno vero e più o meno grande che ha un impatto politico? Che si faccia la commissione d’inchiesta! Il titolare di List aveva preso appunti sul tema in un articolo pubblicato dal Foglio nel dicembre del 2015. Il titolo era l’esito finale di questa avventura di indagine collettiva: (com)missione impossibile. La storia comincia fin dalla sconfitta di Caporetto che, ovviamente, aveva bisogno di una commissione d’inchiesta per essere insabbiata. Quando è morto Licio Gelli, i giornali hanno titolato: “Quali segreti si sarà portato nella tomba?”. Ma come? Segreti? E non aveva svelato tutto la commissione d’inchiesta sulla P2, con tutto quel lavoro? Due legislature e tre anni di lavoro, una relazione conclusiva di Tina Anselmi, cinque relazioni di minoranza (Teodori, Pisanò, Matteoli, Ghinami, Bastianini), ventiquattro volumi di allegati per un leggerissimo totale di novantatré tomi, senza considerare gli indispensabili Indici. La verità? Nella tomba. Nel caso delle banche lo slogan diventa questo: la verità? E’ nel caveau.

 

Merkel domina. Ha stravinto nel feudo di Schulz (progressione della Cdu: 6,7 punti), la partita di settembre delle elezioni politiche di settembre sembra chiusa. Schulz ha esaurito la “spinta propulsiva” (rileggere i discorsi e le interviste di Enrico Berlinguer) e o cambia o muore in culla. Cambiare cosa? Questo è il dilemma delle sinistre in Europa. Il destino è quello della demolizione per agenti esterni (Macron) o implosione (il Labour di Corbyn) e disperata mossa di riagganciare l’elettorato con manifesti di neo-socialismo (dis)avanzato. I dati delle elezioni nel Nord-Reno Westfalia sono chiari, Angela è un carro armato:

 

 

Sembra una victory road per il voto finale di settembre. Merkel vede sempre più vicino lo storico record del quarto cancellierato che la porterebbe a eguagliare i 16 anni di longevità politica di un gigante della politica europea: Helmut Kohl. Alla fine della fiera, ci sarà un nuovo asse franco-tedesco tra Merkel e Macron. Chi sarà la vittima? Le impronte digitali indicano un nome, un predestinato: l’Italia. Achtung.

 

Fake news e realtà. Il vostro vicino di casa, quello intelligente a prescindere che fa solo cene smart per tipi fini, sì, proprio quello, non vi ha ancora parlato di fake news? Lo farà, armatevi di pazienza, Egli è nato per spiegarvi come va il mondo, fin dalla scoperta dell’acqua calda. Storia vecchia, comincia nel 1835 con la Grande Burla della Luna sul New York Sun, va avanti oggi sui social. Fake news? No news. Nessuno pare curarsi della realtà: la scomparsa della privacy e il declino dell’istruzione. Articolo su Prima Comunicazione del titolare di List.

 

15 maggio. Nel 1939 viene inaugurato a Torino lo stabilimento di Fiat Mirafiori.