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La partita internazionale di Papa Francesco e Mattarella

Mario Sechi

Il Pontefice e il presidente della Repubblica sono le uniche due sono figure in Italia che hanno la scacchiera globale davanti ai propri occhi

San Macario

C’è qualcuno nella scena italiana che gioca un ruolo internazionale? Due sono le figure che hanno la scacchiera globale davanti ai propri occhi: il Papa e il presidente della Repubblica. Il primo perché Roma è il centro della cristianità e il ruolo del Pontefice è naturalmente quello di essere capo religioso – e politico – di una forza transnazionale; il secondo perché le circostanze hanno messo – ancora una volta – il Quirinale al centro del gioco europeo, lo hanno proiettato su una dimensione che oggi supera di gran lunga quella domestica. Le agende da tenere d’occhio sono quelle di Papa Francesco e Sergio Mattarella. Il resto è polvere, senza neppure una briciola di stelle. Che cosa c’è nel taccuino? Seguite il titolare di List.

 

Il Papa e l’Egitto. Dopo gli attentati della Domenica delle Palme, il viaggio di Francesco al Cairo il 28 e 29 aprile entra nell’agenda del disordine mondiale. Il Papa ha una sua linea: non c’è scontro di civiltà, non c’è conflitto religioso, ci sono i buoni e i cattivi, l’eterno scontro tra il Bene e il Male, e la gigantesca figura di Gesù che ieri nella sua omelia in piazza San Pietro, ha dipinto così:  “Questo Gesù, che secondo le Scritture entra proprio in quel modo nella Città santa, non è un illuso che sparge illusioni, non è un profeta “new age”, un venditore di fumo, tutt’altro: è un Messia ben determinato, con la fisionomia concreta del servo, il servo di Dio e dell’uomo che va alla passione; è il grande Paziente del dolore umano”. Il dolore umano. Quello dei copti in Egitto è sangue sulle palme, sui banchi delle chiese, sulle vesti sacerdotali, tutti i simboli di Dio sono diventati color porpora. Il viaggio del Papa diventa una processione in questo dolore. L’Egitto guidato con il pugno di ferro dal generale al Sisi non è mai uscito dalla sua dimensione di violenza quotidiana e dalla crisi economica. I tre principali pilastri della sua economia – il turismo, i ricavi del Canale di Suez e gli investimenti esteri – dalla stagione delle primavere arabe sono crollati. Basta dare un’occhiata a questo grafico sul turismo, pubblicato dal Financial Times, per rendersi conto di quanto sia grave la situazione di un paese che conta quasi 100 milioni di abitanti con un’età media di appena 24 anni:

Il miglioramento di alcuni parametri – riserve, debito pubblico, deficit – non compensa il problema della disoccupazione e dell’inflazione (30 per cento in febbraio) che nell’ultimo anno ha subito un decollo verticale:

L’Egitto è povero e instabile con un quadro politico dove il fondamentalismo religioso continua ad essere predominante. E’ la distopica dimensione in cui è precipitato un paese che gode dell’appoggio di Stati Uniti (l’incontro alla Casa Bianca, qualche giorno fa, tra Sisi e Trump è stato positivo), Cina e Russia (Mosca ha piazzato una base logistica al confine con la Libia), ma non riesce a superare il caos del dopo Mubarak. Il viaggio del Papa a cosa può servire? E’ una testimonianza e un rischio. La testimonianza è quella del capo religioso, il rischio è quello del politico che si presenta con questo motto - “il Papa di pace in un Egitto di pace” - mentre l’Egitto è in guerra. Tutte le strade un tempo portavano a Roma. Oggi no.

 

Mattarella e la Russia. L’altra figura da monitorare sul radar è quella di Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica oggi sarà in Russia e anche il suo viaggio arriva in un momento incandescente. L’attacco chimico delle forze di Assad e il raid aereo del Pentagono in Siria hanno allargato di nuovo il fronte tra Stati Uniti e Russia, tra il Cremlino e gli alleati degli Stati Uniti. Boris Johnson, ministro degli Esteri del Regno Unito, ha cancellato il suo viaggio a Mosca e i due paesi non hanno un vertice bilaterale al massimo livello dall’ormai lontano 2012. Mattarella sarà il primo leader occidentale a incontrare Vladimir Putin dopo la notte dei Tomahawk, l’appuntamento non è importante solo per l’agenda del Quirinale, ma per gran parte della diplomazia europea che sta cercando un nuovo inizio dell’Unione partendo dal pilastro della difesa. Qualche giorno fa, il 6 aprile, si è riunito il Consiglio supremo di difesa, nel comunicato ufficiale c’è un passaggio interessante: “Le sinergie e le economie di scala realizzabili attraverso nuove forme di integrazione di unità, comandi e supporti in ambito europeo potrebbero permettere all'Unione di potenziare le proprie capacità di intervento e di colmare, almeno in parte, il gap in termini di assetti militari che ora accusa in seno alla NATO nei confronti dell'alleato USA”. Il disegno politico di Mattarella – figura istituzionale che ha una scadenza asimmetrica rispetto alle altre – è quello di contribuire in maniera robusta durante il suo mandato alla creazione di un primo nucleo dell’esercito europeo. L’Italia, inoltre, ha necessità di dialogare con la Russia per non restare con il fianco scoperto in Libia, dove il governo dell’Onu guidato dal premier Serraj, è debolissimo. Non a caso sempre nel comunicato del Consiglio supremo di difesa c’è un passaggio specifico: “n Libia, il processo negoziale di riconciliazione avviato dalle Nazioni Unite con l'accordo di Skhirat stenta a consolidarsi, per il persistere della conflittualità interna e la crescente rivalità tra le principali componenti in campo. Il Consiglio ha pienamente condiviso l'iniziativa italiana di sottoscrivere un memorandum di intesa con il Consiglio Presidenziale del Governo di Tripoli nonché specifici accordi con le diverse entità interne al tessuto tribale libico per meglio controllare i confini meridionali del Paese e i flussi migratori. Ha altresì espresso apprezzamento per l'accordo bilaterale raggiunto con il Niger”. Putin appoggia il generale Haftar, senza un accordo con lui, non può esserci la pace in Libia. Il destino gioca a dadi e Mattarella - sul piano interno e esterno – per assenza di leadership politica in Italia (e anche in Europa, con la sola eccezione di Angela Merkel) finisce in uno scenario simile a quello in cui si trovò Giorgio Napolitano durante la crisi finanziaria del 2011: è il punto di riferimento delle cancellerie occidentali in Italia, l’unica garanzia di stabilità in un sistema politico polverizzato, un capo di stato che pensa in chiave europea, un esperto di difesa e intelligence che ha il filo diretto con gli Stati Uniti e oggi sarà il primo leader occidentale a incontrare Putin dopo il bombardamento americano in Siria. E’ la forza della storia.

 

Padoan cerca 800 milioni. Dal grande gioco della scacchiera globale al misero pallottoliere dei conti italiani il passo è brevissimo. Il Documento di economia e finanza è pronto, ma la manovra correttiva no. La calcolatrice del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan dice che mancano 800 milioni per far quadrare il conto e presentare i provvedimenti in Parlamento. 800 milioni su una correzione di 3.4 miliardi. Vedremo i dettagli domani (forse), in ogni caso Padoan ha subito un vero e proprio assalto renziano alla diligenza: no aumento dell’Iva, no accise, no catasto, no privatizzazioni, niente tasse ma neanche tagli. Che manovra farà?

 

10 aprile. Nel 1957 riapre il Canale di Suez. Era stato chiuso per tre mesi in seguito alla crisi di Suez del 1956.

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