Michele Emiliano (foto LaPresse)

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Un'inondazione di guai per il Pd

Mario Sechi

L’assemblea del Pd di domenica è come un poker al buio. Ci sono scosse di terremoto, ma il crollo di tutta la casa ancora no.

Santi sette fondatori dell'Ordine dei Servi di Maria

Che scissione fa? Non si sa, al di là delle molte dichiarazioni, l’assemblea del Pd di domenica è come un poker al buio. Ci sono scosse di terremoto, ma il crollo di tutta la casa ancora no. La posizione di Renzi finora è ferma al punto di partenza, “si fa come dico io”. Il problema è che il come dice lui si traduce in un’uscita sicura di un bel pezzo di partito. E non è vero che sono figurine senza voti, basta dare un’occhiata ai nomi e ai sondaggi per rendersi conto della rovina imminente per il Pd e il quadro politico del paese. La mediazione di Franceschini è di quelle da così nessuno potrà dire che non ci ho provato, ma è priva di energia. Le frasi di Emiliano sono dure, ma ancora di uno che è dentro il Pd, Bersani è deluso dal finale della direzione, D’Alema è già fuori. Un partito che dice di voler puntare al 40 per cento e si ritrova così frantumato non va lontano, di sicuro consegna il paese in mano a Grillo. C’è altro? Perbacco, una vera e propria inondazione di guai. Seguite il titolare di List.

La diga del Pd. Michele Meta e Graziano Del Rio parlano a microfono aperto della situazione nel Partito democratico. Questo è quello esonda. 

Meta: “Ma barano o fanno sul serio?”

Del Rio: “No, fanno sul serio. Una parte ha già deciso. Poi dentro ci anche i renziani. Pensano che diminuiscano i posti da distribuire. Non capiscono un cazzo, perché sarà una cosa come la rottura della diga in California, c’è una crepa e l’acqua dopo non la governi più”.

Meta: “Lui, si adopera per contrasta’ sta roba Matteo?”.

Del Rio: “Guarda sia detto tra noi, si è litigato di brutto perché non è che puoi trattare questa cosa come un passaggio normale. Matteo non ha fatto nemmeno una telefonata per evitare la rottura, tu devi far capire che piangi se si divide il Pd, non che non te ne frega, chi se ne frega. Non ha neanche fatto una telefonata, su. Come cazzo fai in una situazione del genere a non fare neanche una telefonata?”.

Bella domanda. Resterà senza risposta. Il titolare di List lascia solo una nota sul taccuino, una conferma: Graziano Del Rio è un uomo di grande saggezza, una persona seria e competente che merita ascolto, attenzione e rispetto.

 

Padri e figli. Il traffico di influenze è un reato allo stato gassoso. Tra gli indagati nell’inchiesta sugli appalti Consip c’è anche il padre di Renzi, Tiziano. Quel che è emerso finora è tangibile come un banco di nebbia. Il problema non è giudiziario, ma politico-familiare. Un padre non può essere lapidato perché il figlio è il segretario del Pd, ma una leadership in difficoltà, alla vigilia di un passaggio traumatico per il partito, può essere danneggiata da un padre che orbita nello spazio del figlio che è segretario del Pd. L’inchiesta è iper-gassosa, ma il tema politico rischia di diventare solido.

 

Hanno arrestato il capo di Samsung. La tangentopoli coreana è devastante: il leader del più grande conglomerato del paese – uno dei più importanti del mondo – è stato arrestato con l’accusa di corruzione. Lee Jae-yong ha 48 anni, è finito in cella dopo 15 ore di interrogatorio, è l’erede di un impero economico che in 79 anni di storia non aveva mai vissuto una vicenda simile. Samsung electronics è uno dei leader mondiali nel settore della telefonia mobile, è l’avversario diretto di Apple e sta affrontando una fase di profonda revisione del business per non perdere quote di mercato.

 

Tillerson e Lavrov, primo faccia a faccia. Trump è furioso, ha tenuto una conferenza stampa fiume di 80 minuti dove ha fatto Trump. I suoi elettori si aspettavano esattamente questo, non un diplomatico minuetto. Mentre a Washington The Donald azzannava i giornalisti, in Germania Rex Tillerson e Serghei Lavrov si sono incontrati per la prima volta. Il segretario di Stato americano e il ministro degli Esteri russo hanno cominciato il loro scambio di opinioni. Primo test, gli accordi di Minsk per la pace in Ucraina. Tillerson non ha fatto giri di parole per far capire che l’aria a Washington è cambiata, ma chiede a Mosca di impegnarsi seriamente a rispettare i termini di quel patto. Senza quel passo, difficilmente la Casa Bianca ne farà altri sul piano della distensione. L’agenda era già stata in parte tracciata da una telefonata tra Trump e Putin lo scorso 28 gennaio, ma nel frattempo lo scenario interno per l’amministrazione Trump è stato complicato dal caso Flynn. Il disgelo è rinviato.

 

C’era una volta la rivoluzione in Libia. Il 17 febbraio in Libia si doveva celebrare la rivoluzione, sono trascorsi sette anni. Ma nessuno ha voglia di far festa. In alcune città le manifestazioni pubbliche sono state cancellate per il timore di attentati terroristici, a Tripoli dominano la paura e la delusione. I colloqui tra il premier Serraj e il generale Haftar a Il Cairo sono falliti, il governo onusiano ha chiesto l’intervento della Nato, l’Europa vuole fare business ma prima bisognerebbe eliminare le fazioni terroristiche e disarmare i clan. Non c’è nostalgia per Gheddafi, i gheddafiani sono una minoranza, ma il paese non è mai uscito dalla violenza quotidiana. La Libia è ancora la Woodstock del terrorismo e nessuno ha voglia di cantare.

 

17 febbraio. Nel 1600 a Roma, viene arso sul rogo Giordano Bruno.