L'Italia dell'arte venduta

Giulia Annecca

Fabio Isman
il Mulino, 273 pp., 16 euro

Fabio Isman è un giornalista e scrittore italiano che negli ultimi trent’anni si è occupato in particolar modo di cultura. Per il Mulino è uscito quest’anno il suo saggio d’inchiesta L’Italia dell’arte venduta che vuole porre all’attenzione del Belpaese il fenomeno fin troppo trascurato del trafugamento e della fuga del nostro patrimonio artistico ammirabile oggi soprattutto oltremanica e oltreoceano. Infatti l’eccessiva attenzione sulla conservazione di ciò che è rimasto entro i confini nazionali non ha permesso di rendersi conto fino in fondo del valore immenso che stava svanendo sotto il nostro naso, dal ’400 alla prima metà del Novecento. Come scrive Isman stesso: “A poco vale consolarsi con il tantissimo che ci è rimasto, se non si riflette sul moltissimo che è sparito”. Isman evita di sbolognare un tema dal potenziale così affascinante nello stile severo e asciutto della trattatistica e accompagna a ogni trafugamento mirabolanti aneddoti e digressioni storiche degne della biografia di Benvenuto Cellini. Pezzi unici dei grandi maestri italiani venduti dalle famiglie più influenti della penisola per pagare debiti, mantenere il proprio status privilegiato cercando di mascherare la decadenza, pagare milizie per intraprendere una guerra; è interessante notare che l’impoverimento e la caduta del potere nelle città italiane vada di pari passo con lo spogliarsi e l’essere spogliate di opere d’arte delle stesse. L’arte era sinonimo di opulenza, gusto ma soprattutto potere. L’Italia è stata saccheggiata da inglesi, francesi e collezionisti provenienti da ogni angolo della Terra e tante opere, italiane perché concepite nell’ambiente e nelle scuole dello stivale, ora sono il fiore all’occhiello di musei americani e europei e sono stati in molti casi la garanzia per la fondazione di strutture atte alle esposizioni artistiche. Si fa fatica a immaginare quale sia il rapporto che intercorre tra figure come Raffaello, Tiziano e il Veronese con la moderna città di Boston negli States, se non che l’arte è di tutti, anche se questo è un concetto che a volte, per le modalità con cui viene presentato, appare come un vero furto. Un lavoro certosino, quello di Isman, che interpella esperti d’arte e non lascia nulla al caso, contribuendo ad aprire nuovi scorci sulla storia italiana messi da parte dalla storiografia classica. Il discorso diventa reale grazie allo stratagemma dell’inserimento delle foto di molte delle opere trattate a metà libro, evitando così di cadere in spiacevoli astrazioni. L’Italia dell’arte venduta si presta a rientrare nella tradizione di testi che parlano di un problema centrale nella cultura italiana.

 

L'ITALIA DELL'ARTE VENDUTA
Fabio Isman
il Mulino, 273 pp., 16 euro

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