Benedetti toscani

Alessandro Moscè

di Massimo Onofri, La nave di Teseo, 390 pp., 17 euro

La scrittura di Massimo Onofri (insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Sassari), critico di primo piano, circuita dentro un’osservazione e una descrizione, un referto e un rimando, un accenno e una spiegazione, una confidenza e un’inventiva. Una scrittura densa, a tratti molto ironica, leggera, eppure con un contenuto che lascia subito intuire la mole di cultura dell’uomo. Onofri è uno che sa, che conosce discipline comparabili: la storia, la natura, la letteratura, l’arte. Sul balcone della casa di Alghero, di fronte al mare, sulla panchina di piazza Vittorio Veneto sotto una palma nana a Viterbo, fuma il sigaro toscano e compone pazientemente un diario pubblico incalzante, frenetico.
Il libro si intitola Benedetti toscani (La nave di Teseo): Onofri scende in un campo di battaglia e si fa strada a colpi di penna (simbolo, stavolta, di una sfida esistenziale). E’ urticante, ma schietto, perfino umile, in verità, tanto da menzionare Mozart ma anche Pupo e i Dik Dik, che hanno una loro dignità musicale. Esiste una gerarchia individuale nella disamina, che nasce da un gusto e da un’epoca, dal ricordo, soprattutto dall’esperienza.
Si va da Ovidio a Foscolo, fino a personaggi che non conosciamo e alla figlia Donatella, perla del suo vivere (non altrettanto si può dire della ex moglie). Il protagonista del libro è sempre il sigaro, una bussola che orienta il pensiero, un’antenna che anticipa l’immagine cartografica o un gesto da plasmare attraverso sguardi, riflessioni, sentimenti ecc. Massimo Onofri definisce questi anni fatui e insignificanti, tanto che la provocazione sta nell’unica certezza che abbiamo: il nostro nome e cognome. Si compiace di essere scattante, ed in effetti lo è, non solo fisicamente, ma anche nella scrittura da fondista, nella sua accelerazione improvvisa.

 

Il critico tifoso della Viterbese manda i pensieri in fumo perché con l’accensione di un altro sigaro possano rigenerarsi. “Il mero gesto di accendere il sigaro, quando ci si è sistemati comodamente, diventa subito molto di più che l’inizio non eludibile di una bella, rotonda, fumata. L’accensione è, infatti, il primo atto d’un rito da scandire con fedele ripetitività ogni notte e, insieme, un’ostensione del piacere olfattivo e gustativo, seme necessario per un’immaginazione che sia gravida, oltranza di superstiziosa razionalità, di scaramantica riappropriazione, ogni volta diversa, del proprio destino”. Petra risulta un nemico dalle membra piegate, flaccide, mossa dalla cattiveria e accompagnata, nella sua disavventura, da strani esseri, un bestiario dove entrano in scena Becchina, Figottera, Pantegano, Penicottero, Bucefalo.

 

La guerra prosegue senza armistizi e Petra uscirà sconfitta dal suo autoinganno fino a leccarsi le ferite piene di pustole. Onofri sa essere vagamente barocco, ma non manca di linearità. Gogol’ e Morante, potremmo dire, lo spingono nella partita da vincere, tra verità e finzione. Nella scheda Benedetti toscani viene definito “un libro d’ore contemporaneo”, letterario e poetico, in cui letture, luoghi, incontri sono scanditi dalle volute dell’onnipresente sigaro.

 

Queste pagine non sono mai piatte, ma innervate su più piani temporali, da impressioni e sovrimpressioni, da telluriche scosse.

 

Il groviglio di materia viene dominato con maestria: Massimo Onofri vince e il fumo del sigaro si alza verso il cielo come una bandiera della squadra della provincia nota come Tuscia.

 

BENEDETTI TOSCANI
Massimo Onofri
La nave di Teseo, 390 pp., 17 euro

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