La più amata

Gabriella Cantafio

Teresa Ciabatti
Mondadori, 218 pp., 15,30 euro

Per scandagliare la propria esistenza non sempre è necessario sdraiarsi su un lettino accanto a uno specialista dell’anima. Lo attesta anche Teresa Ciabatti che, in una solitudine assordante, affonda la sua penna appuntita in ferite ancora sanguinanti e fa sgorgare il racconto in prima persona della figlia più amata del prescelto Lorenzo Ciabatti, primario dell’ospedale di Orbetello, e della reietta Francesca Fabiani, umile quanto stravagante anestesista romana. Una famiglia che impone la sua agiatezza in Toscana con una villa con undici bagni e una piscina all’Argentario, oltre a proprietà sparse sul territorio e legami con personaggi illustri.

 

Proprio nella sfarzosa piscina, in cui l’infante Teresa nuota fiera e spensierata come se sguazzasse nelle migliaia di banconote del padre, la scrittrice trascina il lettore nel bunker sott’acqua. Qui, ove Teresa Ciabatti è costretta a nascondersi con la madre e il fratello gemello in seguito al rapimento del padre, dagli oblò si intravede l’impero decadente del “padre eterno” della Maremma. Colui che, grazie a rapporti con uomini potenti, costruisce un regno in cui rende suoi sudditi persino medici e infermieri che gli imbiancano casa. Stracolmo di proprietà immobiliari, conti in nero e lingotti nel cassetto, Lorenzo Ciabatti ostenta il suo potere indossando un anello d’oro con zaffiro che abbaglia, in particolar modo, la piccola Teresa.

 

“Venga il tuo regno, papà. Venga il tuo regno, dove io sarò principessa”, recita la figlia venerandolo. Ma ben presto quel regno si rivela un castello di sabbia che crolla e non lascia che briciole di bugie e segreti. Così la scrittrice dichiara ripetutamente “sono una donna di quarantaquattro anni, ricordo, collego, invento. Sono una donna incompiuta” e trova nella stesura di un romanzo autobiografico la forza di raccontare la vita della sua famiglia per ritrovare se stessa, per imparare a vedersi meno egoista e asociale. Suo padre è morto da ventisei anni, sua madre da quattro e il suo fratello gemello non le rivolge la parola: lei è ormai un’adulta inquieta che tenta di trovare la causa della sua insoddisfazione nella ricostruzione del passato di un uomo autoritario persino con la moglie, succube a tal punto da accettare una cura del sonno per un lungo anno. Pur senza il supporto delle persone che avrebbero potuto rivelarsi fonti preziose, decide di documentarsi concedendosi balzi temporali che la mostrano viziata figlia di papà, teenager provinciale che con abiti eleganti e tanto cibo tenta di superare il disagio tra i pariolini, madre anaffettiva che non accompagna la propria figlia a scuola, scrittrice che non ha raggiunto il successo meritato. Scopre dunque di non essere la principessa dell’inesistente regno di Orbetello, e specchiandosi nelle pagine del suo romanzo ritrova la verità: suo padre è un massone appartenente alla P2, legato in particolar modo a Licio Gelli, con amici come Almirante, Reagan e Johnson II. Fonti di una ricchezza ben presto esaurita da sperperi e investimenti sbagliati che distruggono fortuna e famiglia.

 

Così Teresa Ciabatti urla con grinta, con frasi brevi e incisive ma soprattutto con ironia mista a coraggio intinge la penna in situazioni irrisolte facendo nomi e cognomi senza reticenza. Ricerca ossessivamente la sua casa sino a tentare di ricomprarla vent’anni dopo per abbandonare le paure e riappropriarsi della sua infanzia. Con tanti vinti ma una sopravvissuta d’onore: l’inaspettata resilienza con cui si psicoanalizza. E corre dritta verso il Premio Strega, pur conscia di non essere “la più amata”.

 

LA PIU' AMATA
Teresa Ciabatti
Mondadori, 218 pp., 15,30 euro

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