L'unico viaggio che ho fatto

Nicola Baroni

di Emmanuela Carbé, minimum fax, 116 pp., 14 euro

Sei in un paese Meraviglioso” dovrebbe dirlo Prezzemolo accogliendo i visitatori a Gardaland, lo scrive Autostrade per l’Italia, invitando alla sosta nell’area di servizio di Secchia Ovest. Quella che per il parco inaugurato nel 1975 da Livio Furini e Giorgio Tauber sarebbe definizione adeguata, in autostrada è solo la spia dell’infantilizzazione dei guidatori. In L’unico viaggio che ho fatto (sottotitolo: Storia di Gardaland e di quello che è successo dopo) Emmanuela Carbé torna, per una promessa al fratellino, nella Disneyland italiana. La protagonista è di quelle compunte giovani zagrebelskiane che vorrebbe insegnare Kant ai tredicenni e sostituire Stilton con Stalin ma, una volta ceduto all’insistenza logorante del fratello, si accorge che il parco è molto diverso da come se lo ricordava; innanzitutto per i rinnovamenti, tra app per monitorare le file e pistole laser con cui sparare agli alieni nel percorso egizi. Ma soprattutto si rende conto che, attraversati i cancelli (e i parcheggi), ogni dettaglio di questo non luogo diventa fiabesco e reale, e la componente infantile che credeva di essersi lasciata tra un giro di Magic Mountain e un tuffo in Colorado Boat, in realtà nel mondo adulto si è solo trasfigurata. A essere finto non è il regno fantastico del draghetto ma i ridicoli crucci del mondo fuori, la compagna di università che “ti racconta la sua tesi come se fosse una cosa importante” e tu “annuisci e dici bello, e contemporaneamente ti chiedi perché non gliel’ha spiegato nessuno che niente di quello che fa, di quel che faccio, conta davvero”.

 
Anche gli scarti di realtà che si intrufolano nel regno di Prezzemolo assurgono a una dimensione magica, più vera del vero, con il torrente Dugale che attraversa il parco ma sembra artificiale, le rondini che nidificano in Fuga da Atlantide o la chiesa consacrata nel Far West.

 
All’esterno, nel paese, è successo l’opposto. Non solo Autostrade per l’Italia, ma l’Arena di Verona difesa dai centurioni mascherati, i complessi di centri commerciali assiepati lungo le autostrade e il manicomio abbandonato di Mombello divenuto meta di fotografi e famiglie in cerca di un’avventura domenicale. La provincia italiana ha tentato di emulare il parco divertimenti di Castelnuovo del Garda, diventandone la brutta copia: tentativo suggellato da Expo, in cui gli unici veramente ammirati erano coloro che non avevano mai visto l’originale.

 
La Valle dei re fu inaugurata nel 1988 con uno spettacolo del corpo di ballo della vicina Arena, in presenza del ministro del Turismo e dell’ambasciatore egiziano, e l’ingresso è una copia in scala 1:2 del tempio di Abu Simbel. A Expo l’attrazione di maggior successo era il padiglione del Brasile, dove si saltava su una rete elastica, e chi si aspettava di nutrire se stesso, oltre che il pianeta, doveva accontentarsi delle riproduzioni di prodotti esotici in plastica in scala 1:1. Ai fan di Prezzemolo, l’albero della vita è sembrato una copia ridicola della casa del draghetto, pure “nel suo momento clou, in cui si apriva tutto e il programma diceva che bisognava rimanere a bocca aperta”. “Se si voleva qualcosa di culturale, storico, educativo, divertente, multilingue, con una mascotte decente e una mappa leggibile… il posto dove collocare l’Esposizione universale avrebbe potuto tranquillamente essere Gardaland”.

 
Emmanuela Carbé ricostruisce la storia del parco in un equilibrato racconto-reportage dall’Italia dei non luoghi e del kitsch istituzionalizzato, per medicare il traumatico passaggio all’età adulta nel “paese meraviglioso” che alle fiabe sostituisce lo storytelling.

 

L'UNICO VIAGGIO CHE HO FATTO
Emmanuela Carbé
minimum fax, 116 pp., 14 euro

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