Giussani e Guardini. Una lettura originale

Roberto Persico
Monica Scholz-Zappa, Jaca Book, 300 pp., 18 euro

    Nell’esperienza di un grande amore, tutto diventa un’esperienza nel suo ambito”. Chiunque abbia ascoltato un po’ di volte don Luigi Giussani, inevitabilmente prima o poi gli ha sentito ripetere l’affermazione di Romano Guardini, “in assoluto, la pagina più citata da parte di Giussani”, come osserva l’autrice, molti anni fa tra gli studenti del fondatore di Cl alla Cattolica di Milano, ora docente di Scienze linguistiche e culturali a Friburgo. Vi si trova infatti in un certo senso distillata e condensata la consonanza che attraversa la vita e il pensiero dei due uomini di chiesa, entrambi impegnati con tutte le proprie forze a riproporre l’annuncio cristiano in modi e forme adeguati alla cultura e alla mentalità del Novecento. L’espressione compare nelle prime pagine di un agile libretto, “L’essenza del cristianesimo”, in cui Guardini punta a rimettere a fuoco il nocciolo dell’esperienza cristiana: “Il cristianesimo non è una teoria della verità, o un’interpretazione della vita. Esso è anche questo, ma non in questo consiste il suo nucleo essenziale. Questo è costituito da Gesù di Nazareth, dalla sua opera, dal suo destino”. Affermazione che oggi può apparire ovvia, ma tale non era nel contesto ecclesiale della prima metà del secolo passato. Nella prassi ordinaria prevaleva infatti una presentazione del cristianesimo che tendeva a lasciare sullo sfondo la persona storica, reale di Gesù e il rapporto personale, affettivamente significativo, con lui, e a mettere in primo piano solo le conseguenze etiche e normative della vita cristiana. Una concezione di cui Guardini in gioventù aveva personalmente sperimentato i limiti: “Ciò che mi aveva distolto dalla fede non erano stati reali motivi contro di essa, bensì il fatto che i motivi, le ragioni d’essa a me non dicevano più nulla”.
    Quando poi aveva riscoperto la fede, si era dedicato a riproporla sistematicamente, tanto dalla cattedra di Katholische Weltanschauung all’università di Berlino quanto ai raduni del movimento giovanile Quickborn al castello di Rothenfels. E in entrambi i luoghi le sue lezioni erano frequantate da persone di ogni estrazione sociale e di ogni credo religioso, accomunate dallo stupore per la sua capacità di documentare come lo “sguardo cristiano sulla totalità” (così Guardini intendeva l’espressione Katolische Weltanschauung) ri-spondesse alle domande più profonde della vita. Analoghe la percezione e la preoccupazione di Giussani, il quale si rende conto che se “da una parte – siamo negli anni Cinquanta – il cristianesimo poteva apparire come largamente presente”, in realtà esso era ormai “sostenuto dal rispetto formale di leggi e consuetudini in cui non si credeva più, e che quindi ben presto sarebbero state abbandonate”. Si dedica perciò a riproporre ai giovani i fattori elementari di quello che comincia a chiamare l’“avvenimento cristiano”, tutto teso a mostrarne la pertinenza alle esigenze più acute dell’esistenza. Non stupisce dunque che il prete brianzolo abbia trovato negli scritti del teologo tedesco una conferma e una continua fonte di ispirazione per la propria opera.
    Il libro di Scholz-Zappa ripercorre in parallelo, seguendo il filo delle letture giussaniane delle opere di Guardini, la vicenda umana e culturale dei due uomini, cogliendo le assonanze, i rimandi, le preoccupazioni comuni dell’uno e dell’altro, e mettendo al contempo in luce l’originalità dell’uso che don Giussani fa dei testi del maestro. Quel che emerge alla fine dallo studio non è solo un pezzo di storia del pensiero cristiano del secolo trascorso, ma una delle chiavi di lettura più stimolanti per accostarsi adeguatamente al cristianesimo oggi.


    GIUSSANI E GUARDINI
    UNA LETTURA ORIGINALE

    Monica Scholz-Zappa
    Jaca Book, 300 pp., 18 euro