Contro le donne

Alessandro Litta Modignani
Paolo Ercolani
Marsilio, 318 pp., 17,50 euro

    Secondo Platone, le donne sarebbero una reincarnazione degli “uomini inferiori”; secondo Aristotele, nient’altro che “maschi menomati”. Per sant’Agostino, la donna deve essere sottomessa per ragioni sessuali e corporali, per san Tommaso essa è semplicemente “un maschio mancato”. “Come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli ai mariti, in tutto”, dice san Paolo. Tertulliano descrive la donna come “la porta del diavolo”, mentre sant’Ambrogio risponde così alla domanda se sia stato più colpevole Adamo o Eva: “Sicuramente Adamo, perché lei aveva dalla sua la scusante della stupidità”. E’ un’autentica galleria degli orrori il libro di Paolo Ercolani dedicato al “più antico pregiudizio del mondo”. Sono contro le donne tanto l’Antico testamento quanto Omero e la tragedia greca, il mondo pagano come quello cristiano (“Gesù Cristo è il meno misogino fra i cristiani”, nota l’autore). Anche dalla lettura del Corano emerge che gli uomini occupano una posizione gerarchica superiore, poiché “Allah ha prescelto alcuni esseri sugli altri” (Corano, IV, 34).
    La lunga stagione dell’oscurantismo misogino non finisce certo con il Medioevo. Marsilio da Padova assegna ai cittadini un ruolo fondamentale per il governo, ma con alcune eccezioni: “Gli schiavi, i bambini, le donne”. Bodin nega categoricamente la possibilità di una sovranità femminile. Machiavelli, pensatore moderno per eccellenza, paragona la Fortuna a una donna: “E’ necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla”. Per Montaigne, grande umanista e scienziato, “una donna è già abbastanza istruita quando sa distinguere tra la camicia e la giubba di suo marito”.
    Nel 1791, in piena rivoluzione francese, la femminista ante litteram Olympe de Gouges scrive provocatoriamente la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, che all’articolo X proclama: “Se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere anche quello di salire sulla tribuna”. Due anni dopo sarà ghigliottinata.
    L’illuminato Rousseau tira odiosamente in ballo le “indisposizioni peculiari” femminili, cioè le mestruazioni, e le considera “una ragione sufficiente” per negare alle donne il primato nel governo della famiglia. Solo molto lentamente e per gradi, nel corso del XIX secolo, i diritti della donna cominceranno a farsi strada. Non senza colpi di coda. Ancora alla fine dell’800, Nietzsche scrive: “Indubbiamente, fra i dotti asini di sesso maschile esiste un certo numero di rimbecilliti amici delle donne e costoro vorrebbero degradare la donna fino alla cultura generale o addirittura fino a leggere i giornali e occuparsi di politica”. E ancora: “Una donna con dotte inclinazioni rivela che qualcosa della sua sessualità non è in ordine”. Forse pensava a Lou Salomé.
    Ora che molti pregiudizi sono caduti, quali sono le vere differenze fra uomo e donna, sul piano scientifico?  Secondo la neuropsichiatra americana Loann Brizendrine, “nei maschi si riscontra che i centri cerebrali correlati al sesso sono quasi due volte più grandi di quelli delle donne, cosa che spiega perché l’85 per cento di essi, in un’età compresa fra i venti e i trent’anni, pensa al sesso ogni cinquantadue secondi, mentre alle femmine accade una volta al giorno, o poco più, nei momenti di fertilità”. Nel finale, questa bella antologia risulta in parte compromessa dagli schemi ideologici e luoghi comuni dell’autore, che lancia invettive poco pertinenti contro il capitalismo, il “Dio mercato” e il “sistema tecno-finanziario”. Insomma, anche per Ercolani è tutta colpa del liberismo. Peccato.

     

    CONTRO LE DONNE
    Paolo Ercolani
    Marsilio, 318 pp., 17,50 euro