Presidente Mattarella salvi il piccolo Charlie Gard

Appello al Capo dello Stato perché intervenga per aiutare i genitori del bambino inglese di dieci mesi affetto da una rarissima malattia genetica che i medici vorrebbero far morire 

Al direttore - Raggi: “Un anno è troppo poco”. Noi comunque sempre garantisti.

Giuseppe De Filippi

Abbiamo scritto ieri che a Virginia Raggi andrebbe dedicato un monumento perché sta mostrando cosa significa essere governati da Beppe Grillo. Ma a Virginia Raggi andrebbe fatto anche un altro monumento perché grazie alla sua vicenda giudiziaria – ieri è stato notificato al sindaco di Roma un atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, e Raggi è indagata al momento per abuso d’ufficio e falso, reati per i quali un tempo il vice clown Luigi Di Maio chiedeva ad alcuni ministri di dimettersi seduta stante – siamo consapevoli di vivere in una repubblica giudiziaria dove i signori delle manette diventano garantisti solo quando a essere sotto accusa sono gli amici degli amici. Noi siamo sempre garantisti e lo saremo anche con Virginia Raggi (e non c’è bisogno di un processo per dimostrare la non capacità del sindaco di Roma a essere sindaco di Roma, basta farsi due passi a Roma in qualsiasi momento della giornata e dell’anno). Ma vedere i cialtroni del giustizialismo pronti a spiegarci che un indagato è innocente fino a condanna definitiva sarà come sedersi al circo e vedere sfilare dei pagliacci bolliti che più che far sorridere gli spettatori fanno semplicemente tenerezza.

 


 

Al direttore - L’Oms che loda il decreto Lorenzin sui vaccini perché preoccupata dall’epidemia di morbillo in Italia è per caso la stessa Oms che ha conteggiato nel 2015 130 mila morti di morbillo su 180 mila ammalati di morbillo, per un tasso di mortalità di 70 morti su 100 ammalati che nemmeno la peste nera di metà 1300?

Roberto Volpi

 


Al direttore - Quando la settimana scorsa l’Istat ha confermato che in Italia continuano a nascere sempre meno figli, è passata praticamente inosservata (e forse non è un caso) quella che invece è la vera notizia. Il fatto cioè che: a) solo il 21 per cento delle donne intervistate ha detto è un problema di soldi (con buona pace di certa narrativa, anche ecclesiale); b) la ragione principale per cui oggi le culle sono sempre più vuote è semplicemente perché i figli non si vogliono, preferendo a loro se stessi, la propria carriera, il proprio benessere. E’ la cosiddetta “cultura del free child”, come l’ha definita il presidente dell’Istat, che sta prendendo piede anche in Italia. Vogliamo provare a tradurre dall’inglese con una parolina politically (un)correct? Eccola: egoismo. E’ per egoismo, perché prima vengo io e poi, forse, tutto il resto, che non si fanno più figli (stessa logica di quell’altra “conquista di civiltà” che è l’aborto, con l’aggravante che in questo caso per tutelare il proprio diritto si sopprime un essere umano non ipotetico né potenziale ma reale, fottendosene altamente del suo, di diritto, a vivere). E se poi di fronte a cotanto sfacelo morale, ti tocca pure di leggere le dichiarazioni di certi prelati dalle parti della Cei, che anche di recente (Corriere della Sera di domenica) sono arrivati a dire che siccome si fanno sempre meno figli, l’approvazione della legge sullo ius soli sarebbe “anche una risposta al problema della denatalità” (ma ri-evangelizzare la società affinché gli uomini e le donne del nostro tempo possano incontrare Cristo che, solo, può cambiare il cuore delle persone, no? O dobbiamo semplicemente prendere atto, e cercare di risolvere il problema in modo pragmatico che magari non sarà l’optimum come vuole nostro Signore ma sempre meglio di niente?); e poi magari scopri pure che tra i nuovi membri della Pontificia accademia per la vita (read my lips: Pontificia-Accademia-per-la-Vita) figura anche il teologo anglicano (dunque credente, I suppose) Nigel Biggar, uno che solo qualche anno fa, nel 2011, ha sostenuto la liceità dell’aborto fino alla diciottesima settimana, ecco forse ti convinci che siamo davvero arrivati al capolinea.

Luca Del Pozzo

 


 

Al direttore - Illustrissimo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, Le scriviamo per chiedere un Suo intervento personale per il piccolo Charlie Gard, un bambino inglese di dieci mesi affetto da una rarissima malattia genetica. I medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, autorizzati da tre sentenze delle Corti del Regno Unito, hanno deciso di staccare le macchine che lo tengono in vita, contro la volontà dei genitori. La terribile decisione è sospesa in attesa del prossimo pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha chiesto – in via cautelare – di mantenere il supporto vitale fino alla mezzanotte del 19 giugno. Considerata la gravità della vicenda e il bene in gioco, alla luce dei principi di precauzione, di libertà di scelta delle cure e della responsabilità genitoriale, che dovrebbero ispirare la decisione dei giudici e degli ordinamenti, Le chiediamo di adoperarsi per tutelare la vita di Charlie Gard e consentirgli di tentare un trattamento sperimentale negli Stati Uniti, come chiedono i suoi genitori. Fidando nella Sua ben nota sensibilità, confidiamo che Lei voglia concedere la cittadinanza italiana al bimbo e ai suoi genitori, così che possano godere del diritto alla salute e alla libertà di cura assicurati ai cittadini italiani dall’art. 32 della nostra Costituzione. E auspichiamo, in ogni caso, un Suo intervento personale a sostegno delle ragioni del bimbo presso il governo britannico. Certi della Sua considerazione, con stima

Giovanni Gibelli (Milano), Assuntina Morresi (Perugia), Eugenia Roccella (Roma), Peppo Zola (Milano), Giuliana Ruggieri (Siena), Eva Sala (Milano), Caterina Socci (Siena), Egisto Mercati (Arezzo), Sabino Paciolla (Noicattaro BA), Ester Corona (Roma), Pietro Gargiulo (Napoli), Giancarlo Guasco (Torino), Antonio Benvenuti (Torino), Maria Tecla Cataldi (Perugia), Raffaele Tiscar (Como), Mirko Ruffoni, anche a nome dell’Unione giuristi cattolici di Vicenza, Alfredo Cordoni (Perugia), Giuseppe Talamonti (Milano), Elena Fruganti (Perugia), Marco Paglialunga (Siena).

Seguono circa 2.000 firme.

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