Guardi gli antifascisti e capisci che è il momento di rifare le squadre

Al direttore - Antifascisti che fischiano gli ebrei, antifascisti che “meglio Le Pen di Macron”, antifascisti che in Venezuela tutto ok. Magari è arrivato il momento di rifare le squadre.

Andrea Minuz

 

Al direttore - Il ballottaggio tra Marine Le Pen e Emmanuel Macron secondo l’Ecole freudienne de Paris: “En France deuxième tour très œdipien, entre celle qui a tué son père et celui qui a épousé sa mère”.

Michele Magno

 

Al direttore - Si chiama azzardo morale: se cedi una volta, autorizzi a credere che cederai anche la successiva e con una posta più alta, e così via. Un banchiere centrale che cede di fronte allo speculatore, ha finito di fare il banchiere centrale, non è più in grado di difendere la sua moneta. L’uomo politico che cede a chi ha votato No al referendum dell’Alitalia, ha finito di fare il governante, perché non è più in grado di imporre la propria volontà: perderà in futuro, con posta sempre più alta. Hai ceduto con i tassisti? Cederai con i piloti. Un ministro si mostra inflessibile? Ci sarà un altro che avrà interesse a essere possibilista. Votare No al referendum dell’Alitalia è scommettere che il governo troverà una soluzione e sarà migliorativa rispetto a quella del piano attuale. Ci sentiamo di dire che è una scommessa irrazionale? Dietro alla questione Alitalia bisogna vedere tutta la serie di cedimenti che essa provocherebbe, nei campi più imprevedibili, e a prezzi sempre più alti. Anche perché non so dove si troverà un caso in cui la resistenza è facile come in questo. Un’azienda che ha perso sempre; che, per dimensione e tipologia, è inadatta a operare nel suo; che non fornisce ai cittadini un servizio insostituibile; un national champion che dà del paese un’immagine negativa, sia ai turisti sia gli investitori. Un’azienda che le ha provate tutte, tutte tranne una: diventare parte di un corpo diverso e sano, che abbia difese adeguate contro le due infezioni che la affliggono: l’uso privato dei partiti politici, i ricatti dei sindacati. Liberarsi di Alitalia: per quanto costi è niente di fronte a quelli che autorizziamo a presentarci.

Franco Debenedetti

 

La nazionalizzazione sarebbe un errore imperdonabile, così come sarebbe imperdonabile non saper spiegare la differenza tra una crisi di sistema (le banche) e una crisi non di sistema (Alitalia). Su Alitalia si gioca un pezzo importante dell’identità del nostro paese e un azzardo morale in questo caso non sarebbe solo un vero accanimento terapeutico ma un regalo senza precedenti alla cultura grillina.

 

Al direttore - Un tempo, quando la città e la Germania erano divise, a Gendarmenmarkt, nel cuore di Berlino Est, regnava un silenzio opprimente. Molte persone scese in quella stessa piazza oggi per parlare d’Europa non erano nate all’epoca del silenzio che tutto avvolgeva, per rassegnazione o per paura di essere ascoltati. Nel grande spazio aperto ai piedi dei due duomi, tedesco e francese, che si guardano l’un l’altro per ricordare l’accoglienza degli ugonotti qui alla fine del Seicento, il vento si infila freddo. Eppure c’è un grande calore. La piazza è piena, vociante, allegra. Tantissime bandiere blu con le stelle gialle sventolano nelle mani di giovani e anziani, attenti dinanzi al palco.‏ Da mesi nelle piazze di varie città tedesche la domenica pomeriggio si radunano spontaneamente per un’ora uomini e donne di diverse età ed estrazione sociale, animati dal desiderio di riaffermare il valore dell’Europa unita. I partiti non c’entrano. E’ una mobilitazione di cittadini, nata a Francoforte ed estesasi a macchia d’olio in altre città, ora non solo tedesche. Si chiama “pulse of Europe” e serve anche a prendere il polso a una Germania profonda, che non si lascia ipnotizzare dalle sirene del sovranismo e dalle parole d’ordine della Alternative für Deutschland, la nuova estrema destra tedesca amica di Salvini, o della Linke, la vecchia estrema sinistra che sopravvive a se stessa. Chi partecipa a questi incontri vuole dare un messaggio forte e chiaro, senza farsi intimidire dal coro dei furbi anti-europeisti: l’Europa avrà pure i suoi difetti, ma è a lei che dobbiamo decenni di pace e di libertà nel nostro continente e disgregarla oggi sarebbe deleterio per la vita di tutti noi. Dal gazebo improvvisato sulle scale del Konzerthaus si alternano al microfono ragazzi e adulti, chi con una speranza, chi con un ricordo, tutti con la volontà di andare avanti insieme, con le diversità che non devono preoccupare perché sono la ricchezza e la forza dei paesi europei. A Gendarmenmarkt non ci sono solo tedeschi. Parlano i francesi e alle loro spalle si forma un grande cartello per indicare, nel giorno delle elezioni per l’Eliseo, che “Berlin aime la France”. Un ungherese spiega la deriva pericolosa del suo paese, sempre più lontano dagli standard dello stato di diritto, e cita ad esempio i dodici giudici sui quindici della Corte suprema formatisi negli anni del comunismo. C’è anche Emma Bonino, veterana di tante battaglie europee. Sembra piccola lassù, mentre grida con forza che oggi solo chi ama l’Europa la può difendere e che l’Italia dovrebbe seguire l’esempio delle piazze tedesche della domenica. E la gente le tributa con affetto gli onori riservati ai grandi. Nell’Ottantanove la caduta del Muro di Berlino iniziò così, con una mobilitazione spontanea davanti alle chiese (chiuse) della DDR. Alla fine arrivò molto lontano. Oggi è sbagliato farsi illusioni ma forse, dopo tante polemiche strumentali e spesso stucchevoli contro l’Europa, è venuto il momento di guardare in faccia la realtà e di raccontarla per quella che è. Senza giocare col fuoco. Una spinta potrebbe venire proprio dai giovani, non tutti disincantati o abulici, ma anzi capaci di riempire le piazze, rompere il silenzio, proporre nuove idee. Come quei giovani italiani e tedeschi che in queste settimane hanno lavorato insieme a Villa Vigoni per un programma d’azione ambizioso per l’Europa in sintonia con il popolo di Gendarmenmatkt (www.romemanifesto.eu).

Michele Valensise

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