Il sindaco di Londra, Sadiq Khan (foto LaPresse)

Differenza tra Londra e Parigi. Parole vuote di Sadiq Khan

Al direttore - Con i limiti di una testimonianza generica osservo che se vai a Londra, per esempio ai Proms della Bbc, puoi andare alla Royal Albert Hall, dove si riunisce  un sacco di gente per ascoltare musica, e fare la fila, entrare, prendere un caffè, staccare il biglietto, sederti e tutto con un paio di cinture esplosive e granate addosso: no controlli apparenti di alcun tipo. A Parigi non puoi visitare nemmeno una piccola mostra senza passare per le forche caudine del piano Vigipirate, controlli a ogni passo. Ma è generico, mi rendo conto.

Giuliano Ferrara

E forse, ma forse eh, è un filo generico anche il modo con cui ieri il sindaco musulmano di Londra, Sadiq Khan, ha descritto l’attacco al Parlamento inglese. E mentre Scotland Yard (non www.fakenews.it, ma Scotland Yard) definitiva l’attacco per quello che era, “terroristico”, il sindaco si è limitato a usare una parola fredda, muta, svuotata di ogni significato: “Incidente”. Probabilmente, come è solito ricordare il Santo Padre in casi simili a questo, un incidente causato da un depresso, immaginiamo distrutto dalle diseguaglianze, no?

 


 

Al direttore - Bersani, articolo uno vale uno.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Pier Luigi Bersani: sono pronto al dialogo in streaming con Beppe Grillo; il M5s è la forza di centro dei tempi moderni; i pentastellati costituiscono un argine alla deriva populista e nazionalista; se alle prossime elezioni si indebolissero, arriverebbe una robaccia di destra. Ennio Flaiano diceva che si trova sempre qualcuno disposto ad alzare l’asticella del ridicolo. Ma qui siamo oltre. Infatti, un movimento reazionario di massa nel Bersani-pensiero diventa addirittura l’architrave di un nuovo centrosinistra, il possibile alleato di un partito che si richiama al primo articolo della Costituzione (antitetico all’idea del reddito di cittadinanza). Non so se ridere o piangere. Che cosa si possa vedere di buono, da un punto di vista democratico, in un pirotecnico personaggio per il quale “l’articolo 67 della Costituzione consente la libertà più assoluta ai parlamentari che possono fare, usando un eufemismo, il cazzo che gli pare”, a me francamente sfugge. Ma forse anche Bersani, un tempo incarnazione del buon senso contadino, si è convertito all’utopismo tecnologico naïf dei padri del M5s. Un modello in cui la fine della politica prelude a un radioso futuro comunitario, nel quale tutti i partiti sono destinati a sparire. Ma, poiché questo futuro non è dietro l'angolo, occorre passare per una fase di transizione che esige, come nella vulgata stalinista della dittatura del proletariato, ferrea disciplina interna e, appunto, mandato imperativo nelle istituzioni. E’ questa la cultura politica, traboccante di risentimento e di sfiducia, di una forza di centro? Ognuno ha il diritto di essere masochista, se lo desidera. Ma Bersani vuole incontrare il comico genovese per farsi ripetere che i Cinque stelle siedono in Parlamento per smascherare i malfattori e non per governare insieme agli “altri”? Si accomodi pure. Se poi, oltre che sulle enunciazioni di principio, gettasse uno sguardo sulla gestione del movimento, non dovrebbe fare fatica ad accorgersi che il metodo dell'appello agli elettori e ai seguaci del web è la spada sguainata per attaccare a testa bassa l’indipendenza dei rappresentanti nelle istituzioni. Bisognerebbe allora chiedersi perché le pulsioni di tipo plebiscitario del M5s sono viste con simpatia crescente in taluni ambienti politici e intellettuali della sinistra radicale. Sonno della ragione, puro abbaglio teorico, semplice sintomo di quel clima sempre più ostile al renzismo in cui si è consumato il fallimento della riforma costituzionale e il ripudio del maggioritario? Non so rispondere. Forse non resta che sperare in congiunzioni astrali più benigne per il riformismo italiano.

Michele Magno