Il modo migliore per celebrare l'8 marzo è in un consiglio di T. May

Redazione

Al direttore - Il Giornalista Collettivo non ha perso occasione, con il gentile (e speriamo involontario) contributo della curia ambrosiana (e dire che mi ero rallegrato alla notizia che dopo Martini e Tettamanzi, a Milano era tornato un vescovo cattolico), per stigmatizzare la distanza siderale tra l’attuale chiesa ospedale da campo(santo), misericordiosa e benevola nei confronti di Fabiano Antoniani, contrapposta alla chiesa di Ruini, matrigna anziché madre, a suo tempo spietata e disumana con Piergiorgio Welby. E’ capitato così di leggere, a stampa unificata (o quasi), un florilegio di commenti – martedì su Repubblica addirittura tre in un colpo solo (ma con sorpresona in prima) – tutti concordi nel sottolineare l’“effetto Bergoglio” sul cambio di rotta della chiesa italiana a distanza di un decennio tra le due vicende. Manco a dirlo esaltando il nuovo corso a discapito del vecchio. Dimenticando però, o facendo finta di dimenticare, che la prima e più alta forma di carità che la chiesa possa avere, se vuole restare fedele alla sua missione, è annunciare la verità, sempre e comunque e per quanto scomoda possa essere o apparire. A meno di non voler abbassare l’asticella del Vangelo alla statura degli uomini e ridurre la fede a un sentimentalismo melenso e a buon mercato, che di divino ha ben poco. A parziale consolazione, e già questo la dice lunga sul mondo alla rovescia in cui ci tocca vivere, dove certi discorsi che ti aspetteresti da un cattolico (ammesso che oggigiorno il termine abbia ancora un significato) li senti invece da chi più laico non si può, a parziale consolazione, dicevo, un lucidissimo commento di Michele Serra, che appunto martedì scorso in totale controtendenza ha ricordato su Repubblica un principio di sesquipedale evidenza che spesso e volentieri viene invece sottaciuto, fuori e dentro la chiesa: “Chi sceglie di non sottostare a regole e dogmi nei quali non crede, deve fare senza. Perché lo ha scelto; e perché la rinuncia a quelli che una volta si chiamavano i ‘conforti della religione’ non deve sembrargli una menomazione; semmai una conquista”. Né si può evocare ogni due per tre il rispetto da parte della chiesa della laicità dello stato, e poi “pretendere che quella comunità si adegui a convincimenti, costumi e sentimenti che esistono (eccome se esistono) comodamente al di fuori di quella stessa chiesa”. Che dire? Michele Serra santo subito.

Luca Del Pozzo

  

Al direttore - A quanto pare la notizia è che l’organizzazione spionistica – finanziata dal governo russo – Wikileaks, nel corso della sua attività di spionaggio ha scoperto che la Cia fa spionaggio.

Giovanni De Merulis

 

Al direttore - Pare che sia stato un successo lo sciopero dell’8 marzo contro la violenza. Gli effetti di questa sacrosanta protesta si potevano vedere negli occhi carichi di odio di quelli che apettavano inutilmente l’autobus oppure in quelli che si sono dovuti accollare i figli perché le scuole erano chiuse. Meglio negli occhi che dovunque, direbbe chi la sa lunga.

Valerio Gironi

  

Lo sciopero di ieri è stato ridicolo, ma più che parlare di questo sarebbe bello ricordare, anche questo otto marzo, delle splendide parole adottate un anno fa da Theresa May, prima di diventare primo ministro, su un tema che riguarda le donne e che riguarda anche noi. May ha detto che non ci potrà essere quella rivoluzione nell’islam tanto invocata dalla nostra adorata Ayaan Hirsi Ali se le donne dell’islam non condanneranno all’unanimità la condizione di schiavitù in cui, tra lapidazioni, infibulazioni, stupri, mutazioni genitali, matrimoni infantili, torture e giganteschi apartheid di genere, spesso vive una donna musulmana. “British Muslim women must challenge extremism and fight the Islamic State”. Più che pensare allo sciopero forse l’otto marzo andrebbe ricordato così.

 

Al direttore - Non possiamo dire che Piercamillo Davigo non sia chiaro: “Il ministro della Giustizia è quello che conta meno di tutti gli altri”. Ha spigato pure perché: “Tutti gli altri hanno potere politico di nomina e di revoca nei rispettivi ministeri: prefetti, ambasciatori, generali, apicali amministrativi, ecc. Lui no. Il suo solo compito è fornire alla Magistratura mezzi e risorse. Tutto il resto lo gestiscono ib indipendenza e autonomia il Csm e l’Anm”. In diretta, ieri sera, da Bianca Berlinguer. PCD diceva il vero.

Moreno Lupi

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