Il Mov. 5 stelle è una truffa costituzionale. Anche Berlusconi è con il Foglio

Al direttore - Il M5s ha un rapporto a dir poco malato con la democrazia rappresentativa. Che possa essere curato per via giudiziaria, però, mi pare assai improbabile. Il ricorso dell’avvocato Venerando Monello al Tribunale civile di Roma contro il contratto vessatorio (e incostituzionale) sottoscritto da Virginia Raggi con la Casaleggio Associati è commendevole sotto il profilo etico, ma scarsamente efficace sotto quello politico. Beninteso, nella concezione della democrazia diretta esibita dai pentastellati convivono idee strampalate e contraddittorie con l’articolo 67 della Carta (sul vincolo di mandato). Ma non è questo, a mio avviso, il punto essenziale. In realtà, nonostante continui a chiamarsi movimento, il M5s può essere definito un “partito in franchising”, come hanno acutamente osservato Antonio Florida e Rinaldo Vignati (“Deliberativa, diretta o partecipativa?”, Quaderni di Sociologia, 65/2014). Questo modello organizzativo prevede un “centro”, a cui spetta l’elaborazione delle strategie politiche. Esso, inoltre, possiede e registra un marchio, un brand che viene concesso alle filiali locali a certe condizioni (il famigerato “contratto”). Il successo del M5s si è costruito su queste basi. La sua forza non deriva solo dalla potenza comunicativa di Beppe Grillo. E’ data anche dal fatto che, sotto la copertura di questo marchio, si sono messe in moto reti locali di attivismo civico che hanno intercettato il risentimento e il malumore popolare, con la promessa di vendicare le sofferenze dei cittadini indifesi e inermi di fronte ai soprusi della casta. Ora, cosa è accaduto nell’anno che sta per chiudersi? E’ accaduto che, quando queste energie locali sono entrate nelle istituzioni nazionali, sono progressivamente esplose le tensioni tra la logica centralistica e plebiscitaria incarnata dal comico genovese e la cultura politica da cui proviene gran parte dei neoeletti. Una cultura che è un impasto confuso di ambientalismo vecchio e nuovo, di leaderismo e partecipazione, di culto della Costituzione vigente e di spericolato utopismo. Queste tensioni sono aperte a esiti diversi. Sbaglierò, ma la mia impressione è che la rete si stia trasformando in un Far West in cui perfino lo sceriffo (Grillo) potrebbe un giorno essere sfiduciato dai suoi elettori.

Michele Magno

 

Al direttore - Leggo che anche il Cav. la pensa come il Foglio sull’incostituzionalità del M5s. Liberali sì, ma scemi no. Viva il Cav. e viva il Foglio!

Luca Ramello

 

Ha letto bene, sì. Il contratto firmato da Virginia Raggi con Beppe Grillo e la Casaleggio Associati non è solo la cartina di tornasole per capire quale sarà il destino di Virginia Raggi a Roma (sarà uno spasso vedere i grillini scannarsi tra loro per decidere come reagire di fronte a un avviso di garanzia al sindaco della Capitale d’Italia). Quel contratto come ha capito bene anche Berlusconi ci dice qualcosa di più: il Movimento 5 stelle è una truffa costituzionale (art. 67, niente vincolo di mandato) e se la Costituzione è davvero la più bella del mondo bisogna applicarla e fare due cose: o dichiarare fuorilegge il Movimento 5 stelle o fare una legge che costringa il Movimento 5 stelle a fare quello che non può fare. Ovvero: mostrare la sua indipendenza da un’azienda privata e da un blog soli al comando.

 

Al direttore - L’Unicef, per ribadire la proprio autorevolezza, ha deciso di proclamare la minoranza dem patrimonio dell’umanità.

Valerio Gironi

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