Non si vincono i referendum con la paura, ma una paura c'è

Redazione

Al direttore - Istat: dopo cinque anni italiani di nuovo soddisfatti delle condizioni di vita. Comitato del No annuncia ricorso. Giuseppe De Filippi

Al direttore - Quando ho letto il Foglio protocollo di giovedì scorso, ho avuto un tuffo al cuore, perché mi ha fatto ricordare gli articoli di Giorgio Israel che avidamente leggevo dal 2006, anno in cui diventai lettore instancabile del “giornale più bello del mondo” come lo definì Giuliano Ferrara qualche tempo fa. Volevo dirvelo e ringraziarvi per tanta buona compagnia.
Cristian Iacuitto

Al direttore - Sembra quasi un crescendo rossiniano lo scontro referendario sul Sì e sul No con tutto il corredo di insulti e di intolleranze. Renzi ha già riconosciuto l’errore fatto di una forte personalizzazione del quesito, un errore suggerito in parte dalla sua giovinezza e in parte dalla crescente convinzione di essere un uomo indispensabile per gli assetti di governo del paese. In un tempo antico ci insegnarono che i cimiteri sono pieni di uomini indispensabili. Renzi, però, si è accorto dell’errore della personalizzazione e ha tentato di fare marcia indietro anche se molti buoi erano già scappati dalla stalla. Nelle ultime settimane, però, si è affacciato un altro tentativo destabilizzante, quello di incutere paura al corpo elettorale, un tentativo più insinuante e chiaramente mendace. Un tentativo che nasce da ambienti finanziari internazionali che strumentalizzano anche i tradizionali Bollettini della Banca d’Italia che altro non dicono che in occasioni di tornate elettorali la volatilità dei mercati finanziari aumenta notevolmente. Naturalmente su questa banale considerazione, che non ha certo impedito a Trump di vincere la corsa presidenziale, si è innescata una ulteriore deformazione del messaggio che lega eventuali turbolenze finanziarie alla vittoria del No. Diversi giornalisti hanno chiesto a Renzi di rassicurare i mercati, ma Renzi con la solita abilità ha dribblato la risposta. E la cosa dispiace. Questi, dunque, i fatti per come sono avvenuti negli ultimi giorni. A questo punto il presidente del Consiglio che è anche segretario del partito di maggioranza relativa non può perdere altro tempo per rassicurare i mercati spiegando che l’Italia ha un sistema politico tale da non creare mai un vuoto politico. Anzi, a impedire che questo vuoto si formi c’è la garanzia del maggior partito del paese che non si sottrarrà all’onere del governo quale che sia il responso referendario. Nelle democrazie parlamentari quest’obbligo cade tutto sulle spalle del maggior partito del paese che non può mai ritirarsi sull’Aventino del disimpegno governativo come possono fare tutti gli altri. Se lo facesse, infatti, segnerebbe l’inizio della propria fine. Fu così in mille altre occasioni nella nostra vita repubblicana a cominciare da quel fatidico 1976 in cui tutti i partiti laici e socialisti, per ragioni diverse, non volevano essere impegnati nel governo di un paese uscito da poco da uno scontro elettorale e in piena crisi economica e democratica senza precedenti (le Br che sparavano e ammazzavano). La Dc seppe resistere alla tentazione della fuga dalla responsabilità del governo e così tutti quelli che non volevano governare chiesero alla Dc di farlo in rappresentanza di tutti. Fu così che la Dc si presentò alla Camera chiedendo a tutti, dopo aver interloquito a 360 gradi, la “non sfiducia”. E l’Italia in 3 anni ne uscì a testa alta perdendo, in quegli anni, il suo presidente Aldo Moro ucciso dal fuoco brigatista. Se ricordiamo questo episodio è sol perché in democrazia il maggior partito è garante di un equilibrio del sistema politico e di una tutela a favore di tutti, anche di quelli che non lo hanno votato. Si chiama senso dello stato e oggi più che mai siamo convinti che il Pd e il suo segretario sapranno difendere l’intero paese dalle insidie che colpirebbero tutti recuperando così quel senso di orgoglio che un grande partito di massa deve possedere per essere tale. Prenda, Renzi, il toro per le corna e tra le sue tante esternazioni, oggi e non domani si eriga subito a difendere l’intero paese garantendo con la forza del suo partito, tranquillità e governabilità ai mercati finanziari quale che sia il risultato di una battaglia democratica. Se così farà forse avremo scoperto un altro Renzi.
Paolo Cirino Pomicino

Il mercato della paura non orienta gli elettori, al massimo li allontana dalle urne. Ma se fossi un investitore internazionale, ragionando sull’Italia, non avrei paura di cosa succederà in caso di vittoria del No. Avrei paura di un’altra cosa: che l’Italia possa perdere un’altra occasione per diventare un paese maggiormente attrattivo rispetto a come lo è oggi. E’ così facile, no?

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