Quello che oggi i giornali dimenticheranno sul concorso esterno

Redazione

    Al direttore - Nei giorni scorsi la magistratura ha giudicato irrinunciabile il protrarsi (ormai da tre anni) della custodia cautelare di Nicola Cosentino. Quel che colpisce è non tanto il riserbo scrupolosamente osservato sull’argomento dal presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, quanto il fatto che nessuno ne abbia sollecitato un’opinione o, soltanto, gliela abbia chiesta. Tanto più che tre anni di custodia cautelare per reati del tipo di quelli contestati a Cosentino suscitano, se non proprio vergogna, tantissimo disagio in tantissimi magistrati veri e seri che all’Associazione vogliono un po’ meno bene che alla Costituzione.
    Luigi Compagna

     

    Non c’è tempo di pensare a queste cose. Oggi c’è altro di cui parlare. Ieri, un dirigente del Pd, Stefano Graziano, numero uno del Pd campano, è stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Sui giornali di oggi, come sempre capita il giorno dopo l’apertura di un’indagine, il metodo Davigo verrà applicato alla lettera. Gli indagati saranno trattati come presunti innocenti colpevoli fino a prova contraria, perché “non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti”, e siamo certi che non mancheranno le quotidiane gazzette delle procure che proveranno a dimostrare che l’indagine a carico di un ex consulente di Palazzo Chigi dimostra che l’Italia è governata dalle mafie. Sui giornali di oggi leggerete tutto questo ma non leggerete quella che forse è la cosa più importante. Qualcosa che riguarda la tipologia di reato in questione: il concorso esterno. Un reato “ectoplasma”, come giustamente lo ha definito su queste pagine Piero Tony, simbolo di una “congenita vaghezza” giurisprudenziale, come sostiene da tempo il professor Fiandaca, sul quale pochi mesi fa un gip, quello di Catania, si è espresso così rispetto a un caso relativo a un processo sempre per concorso esterno. “Il concorso esterno è una figura che si potrebbe definire quasi idealizzata nell’ambito di un illecito penale così grave per la collettività… La sentenza Cedu del 2015 ha riproposto in tutta la sua attualità l’applicazione di un reato che non esiste nella legislazione italiana… Si impone dunque una rivisitazione della materia”. Il gip in questione, Gaetana Bernabò Distefano, scelse il non luogo a procedere considerando il reato di concorso esterno non sufficiente per condannare un imputato. Si potrebbe andare avanti per ore a spiegare ancora cosa rappresenta il reato di concorso esterno ma siamo certi che oggi il dottor Davigo rilascerà a qualche giornale amico una bella intervista per ricordare che tutti gli indagati sono innocenti fino a prova contraria. Specie quando si parla di concorso esterno. O no?

     

    Al direttore - Non comprendo i tentativi, ingenui o malevoli, di convincere Davigo dell’errore delle sue affermazioni sul rapporto politica-giustizia. Davigo da una vita la pensa allo stesso modo e si comporta coerentemente con il suo pensiero. Il problema non è né Lui, né la magistratura, il problema è la Politica. Infatti, se Davigo, con l’appoggio del grillismo, del salvinismo e via discorrendo, sostiene la necessità di introdurre nella nostra legislazione la figura dell’agente provocatore (cioè il poliziotto che sotto copertura va a offrire tangenti ai politici), se teorizza il principio della presunzione di colpevolezza rispetto a quello della presunzione di innocenza, se ritiene di dover “difendere” il paese dal malcostume (cioè dai peccati) e non solo dai reati, perché la colpa dovrebbe essere sua? Se i suoi colleghi di concorso ritengono di nominarlo loro presidente e portavoce, per quale motivo il problema sarebbe Davigo? Davigo dice e fa quello che pensa. Chi non la pensa allo stesso modo ha mille maniere, facendo politica, di dire e fare il contrario. Fare politica non vuol dire limitarsi a declamare princìpi. Nel mio paese, ci si presenta a libere elezioni dicendo “io la penso all’opposto di Davigo e se i cittadini elettori, gli unici sovrani, la pensano come me e mi daranno i suffragi necessari, il primo atto che proporrò e voterò sarà la separazione delle carriere tra chi giudica e chi accusa; quindi riformerò il Csm in modo da scoraggiare la costituzione di correnti (rectius di partiti) di magistrati; modificherò la fictio dell’obbligatorietà dell’azione penale, principio in nome del quale il singolo magistrato decide quale reato perseguire e quale fascicolo può restare ad ammuffire nel cassetto; proporrò una riforma legislativa per cui la galera certa si ottenga all’esito di una condanna e non preventivamente per cercare prove in vista di un processo”. Nulla di stravolgente come si vede, semplicemente il sistema giudiziario delle democrazie occidentali. Se gli elettori mi premieranno non medierò, realizzerò quello per cui mi sono impegnato. All’opposto se premieranno Grillo, Salvini e compagnia cantando, vuol dire che la pensano come Davigo. E, in quel caso, mi inchinerò al volere degli elettori, sarà l’Italia dei magistrati militanti, del giustizialismo governante. Semplice, no? A margine aggiungo che se dovessero vincere Davigo & C. valuterò con attenzione, se i governanti me lo consentiranno, il paese dove passare il resto della mia vita, dimettendomi da italiano. Ma questo interessa solo me e la mia famiglia.
    Giuseppe Benedetto