foto tratta da Wikipedia

Tra Suburra e This Is Us c'è una differenza di flashback

Mariarosa Mancuso

Nella serie italiana sfiniscono lo spettatore. Ma in quella americana sono costruiti alla perfezione

Governare il tempo. E’ l’arte suprema del narratore che accelera o rallenta, frantuma e ricompone a proprio gusto la cronologia, e non teme gli spoiler. Anzi con sprezzo del pericolo svela subito il finale (poi illustra come siamo arrivati fin lì, giocando con le scommesse del pubblico promosso aiuto-sceneggiatore). Nella sua forma semplice è il meccanismo che regge la serie “Suburra”, prequel targato Netflix del film con lo stesso titolo (azzeccato il filone, in Italia non si butta via niente). Una scena forte all’inizio, e via di flashback. L’alto prelato schiatta durante l’orgia, in un gigantesco letto circolare? Venghino, venghino signori… scopriremo cosa è successo nei giorni precedenti, chi gli ha organizzato il party, chi ha pagato le signorine e perché sono stati spesi – scusate, investiti – tutti quei soldi.

 

Ripetuto meccanicamente episodio dopo episodio finisce per stancare, come i biopic che iniziano sul letto di morte e riavvolgono il nastro fino all’infanzia. Per farlo ogni volta in maniera sorprendente serve uno bravo come Dan Fogelman, showrunner della serie “This Is Us” (i registi sono Glen Ficarra e John Requa). La seconda stagione sarà su Fox Life dal 23 ottobre, e tutti gli spettatori affezionati vogliono sapere una cosa sola. Anzi due. Come è morto il capofamiglia Jack? Quanto tempo ancora dovrà passare prima che si chiariscano tutti i dettagli?

 

Torniamo indietro a nostra volta, puntata inaugurale della prima stagione. Torniamo a quando abbiamo sgamato il legame tra Rebecca, che aspetta tre gemelli e ha le doglie mentre festeggia il compleanno del marito Jack, e i tre adulti – un attore sfigato, una grassa signorina che attacca biglietti minacciosi sul frigo, un manager nero di successo. Sono la stessa famiglia, oltre trent’anni dopo (i registi sono così bravi da non far notare subito che dagli anni 80 siamo passati all’oggi).

 

Uno degli adulti ha la pelle nera. Non per uno scherzo genetico: uno dei gemelli muore, e i genitori decidono di adottare un bambino abbandonato (da grande cerca ossessivamente il genitore che lo abbandonò). La serie va avanti e torna indietro, aggiungendo altri momenti cruciali come l’adolescenza dei ragazzi, governata da un genio incapace di mosse banali. In compenso, se siete facili al pianto, le occasioni sono parecchie. Ma Dan Fogelman ha altri talenti: si ferma una frazione di secondo prima di diventare stucchevole o sentimentale, sfoderando un realismo impressionante in materia di litigi e altre dinamiche familiari.

 

Jack è il padre del terzetto. Lascerà i figli orfani, in un punto della cronologia non specificato. Lo spettatore fa ipotesi e le ritira, non una volta sola. La fine della prima stagione lasciava credere che Jack fosse morto in un incidente stradale. Sbagliato un’altra volta: nella prima puntata della nuova stagione vediamo una casa bruciata e la moglie Rebecca che piange.

 

La scena è stata girata in segreto, due settimane prima della messa in onda americana. Sul piano di lavorazione e sulla sceneggiatura, c’erano scritte e codici atti a sviare i curiosi. “E’ un cliffhanger – spiegazione nostra: un tizio aggrappato allo spuntone di roccia – e nello stesso tempo contiene la risposta a tutti gli interrogativi”, spiega Dan Fogelman. Giura di non aver truccato le carte – i tasselli del puzzle sono già lì. Sa che gli spettatori lo esamineranno come la commissione che investigava sull’assassinio di JFK studiò il filmino di Zapruder, il cineamatore che si trovava sul posto e riprese la scena. E ne va fiero.

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