Bruce Miller con il cast di The Handmaid's Tale

Agli Emmy basta un titolo azzeccato per entrare nella storia della tv

Mariarosa Mancuso

Non serve accumulare titoli, più o meno di nicchia, per coprire ogni possibile fascia di pubblico. Arriva l’autunno con 145 serie (pare imperdibili)

Gli Emmy insegnano che non serve accumulare titoli, più o meno di nicchia, per coprire ogni possibile fascia di pubblico. Basta una serie azzeccata per entrare nella storia della tv. Il primo riconoscimento a una serie drammatica prodotta da una piattaforma streaming – i premi televisivi distinguono tra drama e comedy, sennò le commedie non vincerebbero mai – va a “Il racconto dell’ancella”, da un romanzo della canadese Margaret Atwood (salita sul palco felice e contenta come tutti). Dirige Bruce Miller e produce Hulu, terza piattaforma – quanto a numero di abbonati – dopo Netflix e Amazon. I dati Forbes danno a Netflix il 66 per cento del mercato, a Amazon il 44 e a Hulu il 16 (il totale fa più di cento perché i veri fanatici hanno più di un abbonamento).

  

Basta un titolo ben scelto – da un romanzo peraltro datato 1985 – per sintonizzarsi con lo spirito del tempo, che quest’anno si chiama Donald Trump. Alec Baldwin ha avuto un premio per l’imitazione del presidente-che-nessuno-mai-avrebbe-immaginato al “Saturday Night Live” (programma ben ricompensato quest’anno, nella sua categoria). Gli spettatori italiani potranno vedere “Il racconto dell’ancella” (titolo originale “The Handmaid’s Tale”) su TimVision: la piattaforma on demand di Tim conquista così la serie più chiacchierata del 2017, sparigliando le carte.

   

In una teocrazia totalitaria chiamata Gilead, collocata dove adesso stanno gli Stati Uniti, le donne sono tenute prigioniere, sono chiamate con il nome di chi le possiede – la protagonista Elizabeth Moss, anche lei premiata, è DiFred – e servono solo a sfornare bambini. Se disobbediscono vengono lapidate (dalle altre donne, colpiscine una per educarne cento). E’ subito scoccata la scintilla, con la critica e con il pubblico. Hulu ha già in cantiere per il 2018 la seconda stagione, dicono più nera e violenta contro le femmine. Comprensibile, ma discutibile: il romanzo finiva con il racconto dell’ancella studiato dagli storici, che rabbrividiscono. Meglio sarebbe dedicare le cure seriali a “Ragazze elettriche” di Naomi Alderman: di Margaret Atwood è stata allieva, immagina un mondo dove le donne fanno uso del loro potere – danno scosse che tramortiscono e uccidono – per instaurare il matriarcato.

   

Il monopolio delle grandi serie

Otto Emmy in totale, per “Il racconto dell’ancella”, non sono paragonabili ai 29 della Hbo, trionfatrice negli ultimi 16 anni. Aveva il monopolio delle grandi serie – “I Soprano”, “Mad Men”, “The Wire”; ha fatto passi falsi come “Vinyl”, cancellata dopo la prima stagione. Si difende bene con la miniserie “Big Little Lies”, otto premi nella sua categoria e Nicole Kidman migliore attrice (primo Emmy da mettere vicino all’Oscar, e non era l’unica in gara già premiata dall’Academy). Record personale per Julia Louis-Dreyfus, che ha vinto per la sesta volta come migliore attrice in una serie comica per “Weep” (sempre targata Hbo) dove ha avuto il ruolo di vicepresidente degli Stati Uniti, e poi di presidente. Ha commentato: “Volevamo fare una stagione sull’impeachment, abbiamo temuto che la concorrenza ci battesse sul tempo” (tra un po’ cominceremo a dire: come facevano i comici a inventare battute prima di Trump?).

   

Netflix portava “The Crown”, sulla giovane regina Elisabetta. E “Feud”, citato in giudizio dalla centenaria Olivia de Havilland perché lo showrunner Ryan Murphy la mette in cattiva luce, pettegola e vendicativa. Andrà meglio la prossima volta, la concorrenza è tanta. Entertainment Weekly annuncia per la stagione autunnale 145 serie. Alcune nuove, altre rinnovate per la stagione, tutte (pare) imperdibili.

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