LaPresse/Fabio Ferrari

Cronaca di una disfatta (annunciata?)

Mirko Volpi

L’eterno ritorno italiano che stavolta, però, non è tornato

Le dichiarazioni del prepartita, gli annunci spavaldi, le provocazioni del Ct della Svezia – insopportabile, come la sua squadra di anonimi lungagnoni, orbi per di più del genio criminale di Ibrahimovic from the ghetto. Privati noi, così, a ulteriore beffa, della possibilità di costruirci sopra almeno uno straccio di racconto decente della sconfitta (la mano di Dio, il tacco di Ibra, il culo di Sacchi: niente, zero, solo la pappagorgia di Ventura – sai che sugo). Non esistono avversari, qui, solo le più raffinate tecniche di suicidio pallonaro. La nostra gita a Chiasso, nella Svizzera eutanasica del calcio italico.

  

Partono gli inni. Fischi a quello svedese, e chissenefrega. Sono pur sempre i degni eredi del famigerato biscottone, no? Le colpe dei padri ricadono sui figli e il Meazza non dimentica. Oggi servono tigna, sangue negli occhi e maschere protettive per nasi fratturati: la grintosa epica degli azzurri mai domi si ipostatizza sul volto offeso di Bonucci. Via, dunque. L’inno di Mameli cantato a occhi chiusi, come di prammatica, con stonature e fuori tempo peggiori del solito. Ottimo viatico. La furia iniziale, il rigorino su Parolo reclamato, le legnate di Chiellini e Barzagli, subito ammoniti, a dettare la linea. In panchina vibra di indicazioni sapienti e motivatrici il barbone hipster dell’escluso De Rossi. Insigne giace sotto un enorme punto interrogativo. Il gruppo, il gruppo: vedi alla voce “la forza del”. Al rigore negato ai vichinghi dell’Ikea (battuta ciulata da qualche parte su Facebook – non fa ridere, ma è social), finalmente anche Zenga (dell’eletta falange dei “commentatori tecnici” in perenne conflitto con la grammatica) ci mette del suo: “diciamo che avrebbero compensato sbagliandolo”, all’incirca. Sogghigniamo, e intanto guardiamo sgomenti il cronometro.

  

Poi tutto si spegne. I minuti che ci separano dal dramma sono una massa informe di inutilità e approssimazione. I sogni di rimonta annegano a poco a poco nel grigiore padano, malamente puntellati all’impiantito di una secolare retorica. L’Italia che nelle difficoltà dà il meglio di sé. L’Italia che a un passo dal baratro è capace del miracolo. L’Italia non s’è desta. Nazionale specchio di una nazione in declino.

  

Mentre noi metaforeggiamo senza costrutto, Buffon piange davanti a un microfono e qualcuno ha il coraggio di chiedergli del futuro.

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