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L'arma dei curdi contro il parlamento iracheno: la calma

Adriano Sofri

Dopo il referendum di lunedì, i paesi vicini continuano a riflettere

Erbil, giovedì. All’indomani della colossale serie di “decisioni” del parlamento iracheno – tutti i capi curdi a processo, i dipendenti pubblici da licenziare, pozzi e aeroporti sequestrati, terre “contese” da occupare militarmente dalle forze di Baghdad, consolati trasferiti fuori dalla regione curda, tutti gli accessi bloccati… – il Kurdistan mostra una calma piena. Fra i responsabili politici prevale l’opinione che il primo ministro Abadi, avvalorando quegli ordini smisurati, sia incorso in una trappola tesa dai suoi rivali più oltranzisti, in primo luogo la vecchia volpe Maliki che non ha mai rinunciato a tornare in sella.

 

Da venerdì pomeriggio, comunque, gli aeroporti curdi sono chiusi. Le compagnie aeree hanno comunicato, molto a malincuore, la sospensione dei voli internazionali. Nonostante i curdi avessero confermato che i loro due aeroporti erano aperti come sempre a qualunque ispezione delle autorità di Baghdad o dell’organizzazione internazionale dell’aviazione civile. Sul trasloco dei consolati c’è solo una nota americana che lo dà per non ricevuto. Dai paesi confinanti arrivano dichiarazioni contraddittorie: nessuno sembra aver deciso davvero.

 

E’ stata accolta con grande sconcerto la notizia, fonte Baghdad, secondo cui Macron avrebbe approvato al telefono l’operato di Abadi: c’è solo da sperare che la telefonata fosse precedente al delirio di ordini bellicosi di mercoledì, e comunque non venisse dalla Sorbona. Sostegno al Kurdistan è stato rinnovato dal Canada. Un intervento influente è venuto dallo sceicco Ahmad el Kubeisi, dagli Emirati: fa appello ai sunniti perché sostengano ed emulino il Kurdistan e arriva ad auspicare che in futuro i sunniti iracheni vessati dalla maggioranza sciita entrino nello stato curdo. (Sulla scia dell’entusiasmo, Kubeisi profetizza che sarà di nuovo un curdo, come il Saladino, a liberare Gerusalemme…).

 

Le manovre militari sembrano segnare il passo fin qui, tanto più che nella provincia sunnita di Anbar l’Isis ha compiuto due incursioni vittoriose mercoledì, sequestrando a lungo un’università a Ramadi e impadronendosi di un deposito di armi irachene. Domenica inoltre cominciano i 40 giorni dell’Ashura, la commemorazione del martirio di Husseyn, che impegna gli sciiti, soprattutto nelle città sante di Kerbala e Najaf, nelle cerimonie di flagellazione e di lutto. L’incognita maggiore delle prossime ore è l’eventualità di provocazioni armate a Kirkuk e nel suo territorio, come nella città di Thuz Khurmatu, spaccata da un muro divisorio e teatro costante di scaramucce sanguinose. Venerdì il parlamento curdo si riunisce e risponde ai suoi interlocutori di Baghdad. Le persone in giro chiedono che cosa pensino gli italiani del referendum, delle minacce dei vicini e del desiderio di indipendenza. Ho dato un’occhiata ai giornali. Stanno riflettendo – rispondo.

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