“Triumphs and Laments” sul Lungotevere a Roma

No stadio No Atac

Il Campidoglio rinvia tutto a settembre: il progetto di Tor di Valle (in forse) e anche il piano trasporti, con i Radicali che intanto raggiungono le firme necessarie per il referendum 

Si apparecchia un settembre complicatissimo per Virginia Raggi e la sua amministrazione capitolina. Ieri è saltato a sorpresa il Consiglio di amministrazione di Atac che avrebbe dovuto vagliare le ipotesi di salvataggio dell’azienda: concordato in bianco o concordato preventivo. Tutto rinviato a settembre, mentre intanto i Radicali Italiani hanno praticamente completato la raccolta delle firme per il referendum sulla liberalizzazione del trasporto pubblico locale, e – pare – ce l’abbiano fatta a raccogliere le necessarie ventinovemila firme, che saranno consegnate venerdì mattina. Contemporaneamente ieri c’è stato anche un altro confusissimo rinvio della questione stadio della Roma. La Conferenza dei servizi, che da settimane sta vagliando il progetto stravolto e rimodulato dopo il taglio delle cubature, ha anche lei rinviato ogni cosa a settembre, lasciando il progetto per aria, mentre anche il ministero dei Trasporti fa sapere che il progetto pone problemi relativi alla viabilità, e in Regione ormai si fanno allusioni neanche tanto velate all’ipotesi che l’impianto sportivo, alla fine, possa non vedere mai la luce.

  

Così, mentre i livelli più alti del Movimento cinque stelle cominciano, silenziosamente, a ipotizzare una exit strategy dal disastro Raggi, mentre insomma – come ha raccontato alcuni giorni fa il Foglio – Luigi Di Maio racconta nelle sue conversazioni private che “dopo le elezioni politiche risolveremo il problema Raggi”, la sindaca si prepara alle ferie estive con addosso il peso di scadenze da far tremare vene e polsi. In Atac, riservatamente, è stata vagliata, in maniera approfondita, l’ipotesi di un “concordato in bianco”, che, detto in soldoni, significa proporre un accordo a banche, creditori e tribunale per evitare il fallimento dell’azienda. Un ipotesi di salvataggio tuttavia considerata molto rischiosa perché, qualora anche soltanto uno dei soggetti creditori non dovesse accettare, l’azienda fallirebbe. Titubanza, incertezza della sindaca, piccoli litigi tra lei e l’assessore dimissionario Massimo Colomban, devono aver determinato ieri la decisione di rinviare la prima riunione del nuovo consiglio di amministrazione. Una confusione del tutto simile circonda anche la questione dello stadio della Roma. Sono sparite troppe opere di pubblica utilità dal progetto originario, “si è troppo pasticciato perché il piano si possa approvare in tempi umani”, spiegano alcuni bene informati. E a questo punto solo pochi ottimisti sono pronti a scommettere che questo stadio – senza metropolitana, senza grattacieli, senza ponte, senza svincolo autostradale – si farà mai. Intanto il proprietario della As Roma, l’imprenditore italo americano James Pallotta, resta fermo sulla sua minacciosa posizione: “Senza lo stadio, io vendo la squadra”.