La strana interpretazione delle intercettazioni di Renzi

Massimo Bordin

L'impressione è che sia proprio questo il motivo più serio del confronto tra le procure di Roma e Napoli

È possibile che, fra la procura di Roma e quella di Napoli, il confronto più serio non sia quello sulle decisioni relative all’uso delle intercettazioni ma sui criteri generali della loro interpretazione. Nella parte introduttiva della loro requisitoria sul processo Mafia Capitale proprio il procuratore aggiunto Paolo Ielo ha sostenuto l’assoluta genuinità probatoria delle numerosissime intercettazioni prodotte in quel processo dalla procura contro indagati che, ecco il punto, sapevano perfettamente di essere intercettati. Carminati e soci non è che supponessero di essere intercettati o lo mettessero nel novero delle possibilità, no. Ne erano certi, tanto da attrezzarsi con carte sim praticamente monouso e addirittura un abbattitore di radio frequenze contro le intercettazioni ambientali. In quel caso la sicura conoscenza degli indagati di essere sotto intercettazione non ha impedito l’utilizzazione, peraltro proficua, da parte dell’accusa delle loro parole. Difficile utilizzare un criterio diverso per l’ex presidente del Consiglio, sostenendo la simulazione sulla base del fatto che le sue parole non soddisfano i suoi detrattori. Eppure la tesi della simulazione ieri impazzava su diversi giornali.