Il Risiko di Sangalli, l'intramontabile pivot del commercio (e non solo di quello)

Daniele Bonecchi

Il 18 settembre s’insedierà il nuovo Consiglio della rinnovata Cciaa di Milano, Monza e Lodi. Presieduto ancora una volta da lui: Carluccio Sangalli, 80 anni appena compiuti

A lui piace scherzare perché ama, nell’ordine: il suo Milan, la sua famiglia, il suo lavoro. Questa volta però c’è poco da ridere. Perché di fronte non ha i politici della Seconda Repubblica – pesi leggeri per chi è nato nella pancia della Balena bianca – ma gli industriali lombardi pronti a far pagare a lui le paturnie della prima ora renziana, quelle della rottamazione a tutti i costi. Anche delle cose utili. Come l’abolizione delle province e la chiusura (poi diventata ridimensionamento) delle Camere di commercio. Carluccio Sangalli ha capito subito che la partita è difficile soprattutto nel capoluogo lombardo. Perché mettere assieme Milano, Monza e Lodi, artigiani, commercianti, industriali, Cooperative e Cdo, richiede molto di più di uno dei suoi classici lavori di tessitura giorno dopo giorno. E infatti, al dunque, quando a Sangalli è toccato tirare una riga, far di conto e ragionare sulla tolda di comando della nuova Camera di commercio di Milano, Monza e Lodi (e i 7 posti dell’esecutivo) è partita l’offensiva di Assolombarda, che arriva molto vicino a far saltare il banco. A quel punto Sangalli mette le scarpe da passista e – forte della decisione presa dalla Camera di commercio di Milano di allargare l’esecutivo, prima della riforma – inizia la lunga marcia per convincere il ministro Carlo Calenda che una strada c’è. E alla fine vince. E così che il 18 settembre s’insedierà il nuovo Consiglio della rinnovata Cciaa di Milano, Monza e Lodi. Presieduto ancora una volta da lui: Carluccio Sangalli, 80 anni appena compiuti, un punto di equilibrio, una garanzia per il mondo dell’impresa milanese e nazionale.

 

Lui, che ha “schivato” tre o quattro volte la candidatura a sindaco di Milano, è “condannato” a guidare ancora la locomotiva d’Italia. E lo fa anche dalla sala macchine della Confcommercio nazionale, dove si è insediato, oltre dieci anni fa, dopo i pasticci della gestione di Sergio Billè. Lui però si è portato a Roma gli uomini migliori – a partire da Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia e commissario della Confcommercio di Roma affogata nei debiti – per reggere l’impatto delle lobby della capitale. Ultimo colpaccio, l’insediamento di Gianroberto Costa (già segretario generale di Confcommercio Milano) ai vertici di Fondazione Enasarco, la cassaforte dei rappresentanti di commercio. Quando, poco più di un anno fa, per l’ennesima volta Silvio Berlusconi (i due si conoscono da quando Sangalli, consigliere comunale a Brugherio, aveva a che fare con l’Edilnord) gli ha chiesto di candidarsi a sindaco di Milano, Carluccio gli ha spiegato che i commercianti non glie l’avrebbero permesso. D’altra parte lui ha visto passare davanti ai suoi occhi, come in un film, la storia della Prima e della Seconda Repubblica. Un lungometraggio che comincia nel ’68 (lotte studentesche e operaie alle porte), mentre lui viene eletto per la prima volta alla Camera, sotto il simbolo dello scudo crociato (al quale resterà sempre fedele) nelle fila degli andreottiani. Ci resta per 26 anni, fino al 1994, ma non scalda gli scranni di Montecitorio, perché Belzebù lo chiama al governo per fare il sottosegretario al Turismo e allo Spettacolo (1976). Poi, dal 1987 al 1992, dispensa saggezza in Aula come Questore. Ma dopo la fine della Prima Repubblica, nel 1995 Carlo Sangalli è chiamato a succedere a Francesco (Ciccio) Colucci alla guida di Confcommercio Milano. Segno dei tempi, ma è anche una svolta vera per una categoria che sta smettendo di essere quella dei bottegai per diventare l’anima del terziario. E ora per Sangalli, sempre ai vertici dell’economia nella città di Ambrogio, si apre una nuova disfida: dare un futuro alle aree che hanno ospitato l’Esposizione universale, col polo universitario della Statale e l’Agenzia europea del farmaco. Ma c’è un’idea che frulla nella testa di Carluccio: un’area tax free, per portare da Londra a Milano, dopo Brexit, le imprese che troppo spesso guardano a Dublino. Un altro sogno difficile da realizzare.

Di più su questi argomenti: