Giuseppe Sala e l'assessore Roberto Tasca (foto LaPresse)

Piattaforma in Tasca

Fabio Massa

Cosa c’è dietro il bisticcio tra l’assessore e la Lista Sala. Prospettive di governace (vista Pd)

Le liste del sindaco hanno una funzione elettorale ben precisa, raccogliere coloro i quali nella cabina elettorale covassero indecisione nei confronti dei partiti che sostegno il tal sindaco, proponendo un‘a ’opzione nominalmente legata al candidato sindaco stesso. Di fatto (furono) e sono il frutto dell’implosione di partiti. Per qualcuno, furono, anni fa, il segnale del loro superamento. La stagione dei sindaci è tramontata, ma le liste no. E vengono usate per aspirare voti in quegli angoli dove il sistema partitico non arriva più. Tuttavia, come diceva Erno Rubik, “i problemi di ogni giorno sono molti e vari”, la gestione delle liste civiche diventa oltremodo faticosa una volta che queste approdano all’interno dei consigli, spesso determinando maggioranze o fornendo la base per il consenso in Aula. Perché spesso nelle liste del sindaco entra un po’ di tutto, nel senso delle libere sensibilità ed opinioni. Ed essendo le liste del sindaco strumenti leggeri, privi dei vincoli di partito, la possibilità di fronda è sempre dietro l’angolo.

 

Fin qui, la parte generale. Veniamo a Milano. Dove si è consumato, e di fatto risolto con una paziente opera di mediazione, l’ultimo scontro tra la lista del sindaco Sala e l’assessore del sindaco Sala, ovvero Roberto Tasca. Plenipotenziario al Bilancio e al Demanio, e uomo chiave della giunta, seppure non tutte le sue scelte siano passate, finora, con gli applausi. Un uomo che ama decidere. Tasca e Sala si conoscono da oltre 25 anni, e il primo cittadino ha dovuto durar fatica per convincere Tasca a entrare in squadra, ben sapendo che di lui e del suo curriculum si può fidare ciecamente. Tasca non è uno che vive di politica. Una delle sue frase tipiche è “c’è da lavorare”. Il sabato va nel suo studio professionale, appunto, a lavurà, giacché in settimana tra consigli, commissioni, riunioni varie, passa le giornate nel palazzo della Ragioneria in Piazza Scala, dove ha gli uffici il suo assessorato. Tasca è un uomo dei conti, concreto. La sua missione è sistemare un bilancio. L’ha parzialmente fatto, anche se questo ha imposto medicine a volte amare (e senza bugiardino, dunque spiegate male). Quindi, quando vede la possibilità di portare a casa, per il Comune, introiti extra mettendo piattaforme per concerti sulla Darsena, percorre la via senza indugi (e con poco savoir faire politico).

 

Peccato che la lista del sindaco abbia invece come priorità l’elaborazione politica sul lungo periodo. E dunque, come conciliare il fatto che uno dei cardini della lista del sindaco, e del sindaco stesso, in campagna elettorale, fosse la riapertura e la navigabilità dei Navigli (con tanto di referendum), quando in Darsena si va esattamente nella direzione opposta? La vicenda finisce con una mediazione e pari e patta. Tuttavia il problema politico resta. Chi è Roberto Tasca lo sappiamo. Ma che cosa è la lista Sala? A che cosa serve? Quali sono gli obiettivi e le aspirazioni? Secondo esponenti della lista, a Milano è in corso un esperimento nazionale per migliorare la politica locale fornendo anche al Pd nazionale una declinazione di modello Milano vincente e coerente, che operi nell’interesse dei cittadini. Insomma, un modo per raggiungere quel 40 per cento che da solo il Pd non riesce a raggiungere. E così si torna all’inizio, alla funzione elettorale. A livello amministrativo, invece, la lista Sala potrebbe finire per costituirsi come controparte di un conflitto (sempre costruttivo, ma chissà) con l’assessore di Sala. Il capogruppo Pd Filippo Barberis la spiega così al Foglio: “Il Pd si fa carico della tenuta della maggioranza, purché tutti si prestino al gioco di squadra e purché il rapporto nei confronti della giunta sia anche di una dialettica viva e propositiva”. Ad oggi, la lista e Sala si ritrovano ogni 15 giorni per fare il punto. Del resto Primo Levi diceva che “non esistono problemi che non possano essere risolti attorno ad un tavolo, purché ci sia volontà buona e fiducia reciproca”. Lasciando alla postilla il veleno: “O purché ci sia anche paura reciproca”. Considerando che la lista mantiene in vita la maggioranza, l’equazione pare quadrare.

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