Pedro Almodóvar e Penélope Cruz sul set del film “Gli abbracci spezzati” (2009)

La Spagna si spegnerà a causa del grande freddo demografico

Giulio Meotti
L’economia cresce, ma entro il 2050 il perderà cinque milioni di abitanti e gli over 65 anni saranno un terzo della popolazione totale. Tutta colpa del nichilismo almodovariano: nozze gay, diritti umani alle scimmie, “pluralismo morale”, “progenitore A e B”: il peso dell’eredità socialista di Zapatero.

La Spagna entro il 2050 sarà una nazione depopolata e dominata da persone anziane e single, secondo un rapporto che predice che il paese perderà 5,3 milioni di abitanti, l’11 per cento della popolazione attuale, entro la metà del secolo. Se il trend continua, entro il 2050 inoltre gli over 65 comporranno il 34,6 per cento della popolazione, mentre un milione di spagnoli saranno vicini ai cento anni. Per quella data ci saranno 1,7 milioni di bambini sotto i dieci anni in meno di quanti ce ne siano oggi.

 

Il paese una volta famoso per le grandi famiglie cattoliche sembra destinato a diventare una nazione di single, con famiglie di una sola persona in aumento di circa un quinto nei prossimi quindici anni, il 28 per cento del totale. Quasi un anno fa abbiamo segnalato che, per la prima volta, c’erano stati più spagnoli morti che nati. Ora sembra che questa sia la nuova normalità per il paese. Durante la dittatura di Franco, una bizzarra cerimonia annuale prevedeva che un premio nazionale fosse assegnato alle coppie con il maggior numero di figli. Oggi l’incentivo è al contrario. Il pediatra Jesús María Andrés, autore di uno studio sulla demografia, scrive che la Spagna è stata colpita da un “incredibile” declino nel tasso di natalità. E’ il più rapido finora mai registrato in occidente. L’Istituto nazionale di statistica scrive che il picco ci fu nel 1944: 23 nascite ogni mille abitanti. Fino a toccare il fondo nel 1998, quando sono state segnalate solo nove nascite ogni  mille abitanti. E da lì non si è quasi più mosso.

 

Pubblicato sulla rivista Anales de Pediatría, lo studio indica i fattori socioculturali per questi cambiamenti: aumento dei redditi familiari, più donne nella forza lavoro e “stili di vita progressisti”, che rendono il matrimonio e l’accoglienza della vita un relitto del passato. Per Julio Vinuesa, un demografo dell’Università Autónoma di Madrid, “stiamo assistendo a un rapido declino nelle nascite e sembra che nessuno si preoccupi. A breve termine è un sollievo perché significa meno spese per le famiglie e per lo stato, e nessuno si lamenta perché nessuno si ferma a pensare alle conseguenze future”.

 

E’ il volto oscuro della movida spagnola. La Spagna è passata dall’essere il paese con il più alto tasso di natalità in Europa (2,90 figli per donna nel 1970) all’avere i tassi più bassi del mondo (1,15 nel 1998). C’è già una Spagna che si sta spopolando e si trova a ovest. Salamanca, León, Zamora e Cáceres hanno perso abitanti tra il 2006 e 2007. Si parla di una “demografia siberiana”. Un freddo debilitante.

 


Il regista, giovane, con Fanny McNamara prima di un concerto


 

“La crisi demografica è probabilmente la peggiore crisi che abbiamo sofferto e nonostante questo, non vi prestiamo attenzione in Spagna”, afferma María Menéndez Zubillaga, presidente dell’Associazione delle famiglie di Madrid e portavoce del Comitato organizzatore del forum “Stop al suicidio demografico”. “Il suicidio demografico non è solo un problema della Spagna, ma anche di molti altri paesi europei e altri continenti. Certo, il nostro paese è uno di quelli che ne soffre in misura maggiore”, spiega Alejandro Macarrón Larumbe, direttore della Fondazione per la rinascita demografica. Macarrón Larumbe ha fornito cifre impressionanti: “In ventuno province spagnole su cinquanta, ci sono più morti che nati”, e senza il contributo degli immigrati il numero di province morenti sarebbe di almeno quaranta. “La Germania in quarant’anni ha avuto più morti che nascite ed è il paese più vecchio in Europa, insieme all’Italia. Il Giappone ha già venduto più pannolini per anziani che per i bambini. In Russia negli anni tra il 1991 e il 2011 ci sono state tredici milioni di persone in meno”. “Senza più bambini, nel lungo periodo, non ci sarà alcuna crescita economica o prosperità, ci sarà sempre più solitudine, la democrazia diventerà una gerontocrazia e la Spagna e l’Europa tenderanno all’irrilevanza globale”, conclude Menéndez. Senza il contributo delle madri straniere (che hanno un indice di fertilità di 1,61), la Spagna avrebbe un indice ancora più basso e mai registrato prima nella storia: 1,27. In appena una generazione, la Spagna è passata dalla dittatura di destra alla democrazia prospera, stabile. Ma guardando al futuro, la penisola iberica sta esaurendo la materia prima chiave: i bambini.

 


Il tasso di natalità in Spagna


 

Per spiegare il crollo della fertilità in Spagna si deve partire dalla “morte della famiglia”. Oggi in Spagna il divorzio è un totem. L’aborto un diritto di libertà procreativa. L’eugenetica uno strumento di progresso. La pillola è del giorno prima, del giorno dopo, di sempre. La fecondazione a tutti i costi, perché i figli sono un diritto e l’eterologa una condizione di beatitudine per la mamma single. Il matrimonio gay una bandiera. La situazione familiare è talmente preoccupante in Spagna che l’Istituto nazionale di statistica ha appena spiegato che “nel giro di pochi anni si arriverà ad eguagliare il numero di matrimoni con il numero dei divorzi”.

 

La Spagna è al culmine in Europa con il numero record di divorzi, anche al di sopra dei paesi nordici. Altissimo il tasso di aborto. Nel 1998 gli aborti furono 54 mila, quattordici anni dopo sono saliti a 118 mila. Un aumento del cento per cento in dieci anni. Una gravidanza su cinque oggi in Spagna termina con un aborto. La Spagna oggi è il terzo paese europeo per numero di aborti, dopo Francia e Inghilterra, ma il primo in relazione agli abitanti. Per dirla con le parole del presidente dell’associazione E-cristians, Josep Mirò, “la Spagna è il paradiso degli aborti”.

 

L’Istituto di politica familiare (Ipf) ha presentato la relazione sul tema “l’evoluzione della famiglia in Spagna”, da cui emerge il quadro di una famiglia senza figli, con case dove vivono i single, con sempre meno matrimoni e sempre più divorzi. “La società spagnola è a un bivio”, avverte il rapporto. “La Spagna si è trasformata in una vecchia nazione ed è in pieno inverno demografico”. In alcune regione spagnole il tasso di fertilità raggiunge a malapena un bambino per donna.

 

La Spagna manca di 260 mila nascite annuali al fine di garantire il livello generale di sostituzione. E sono stati “persi” 1.914.446 bambini dal momento della legalizzazione dell’aborto nel 1985. Dal 1981, la popolazione è raddoppiata e la popolazione giovanile si è ridotta di un terzo. Questo ha causato “il crollo della piramide della popolazione spagnola”. Ogni giorno in Spagna si perdono 52 giovani sotto i quindici anni; 416 nuove persone entrano nella categoria degli over 65, di cui 222 sono nuove persone di età superiore agli ottant’anni e si verificano 1.080 morti. Negli ultimi dieci anni, la Spagna ha destrutturato la famiglia e la persona. Dal momento che il socialista José Luis Zapatero, il dio delle minoranze e il re delle provette, è salito al potere nel mese di aprile 2004, la Spagna ha legalizzato il matrimonio omosessuale, ha approvato il divorzio rapido, ha spinto la ricerca sulle cellule staminali embrionali e ha concesso “diritti umani” alle scimmie.

 

Nel luglio 2005, la Spagna è diventato uno dei primi paesi al mondo a legalizzare le nozze gay. E’ l’omoparentalità legale e santificata alla spagnola così come è stata raccontata, nel maggio del 2006, dal País: “Mamá y mamá”. Nel marzo 2006, il governo Zapatero aveva vietato i tradizionali riferimenti di genere nei documenti legali relativi alla famiglia. Sui certificati di matrimonio, per esempio, parole come “marito” e “moglie” sono stati modificati e sostituiti da “sposo A” e “sposo B”. Nei certificati di nascita, parole come “padre” e “madre” sono stati rimpiazzati da “progenitore A” e “progenitore B”. Nel dicembre 2006, il governo Zapatero ha annunciato che i corsi di “diversità” sarebbero diventati obbligatori in tutte le scuole. Conosciuto anche come “educazione alla cittadinanza”, il nuovo programma richiede che ai bambini a partire dall’età di nove venga insegnato cosa sia l’omosessualità. Esso comprende anche lezioni sul “pluralismo morale”, ovvero che il concetto giudaico-cristiano di assoluti morali è intrinsecamente intollerante. Anche se molti genitori hanno impugnato questa mossa “totalitaria” da parte dello stato di usurpare il diritto dei genitori a determinare l’educazione morale dei figli, la Corte suprema spagnola nel gennaio 2009 ha stabilito che è infatti obbligatoria per tutti i bambini. E per non farsi mancare niente è arrivata anche la possibilità di cambiare sesso con una semplice dichiarazione all’anagrafe. Nel giugno 2008, il parlamento spagnolo ha approvato una proposta di Zapatero per concedere “diritti umani” (tra cui il diritto alla vita, alla libertà e alla libertà dalla tortura) alle grandi scimmie, come scimpanzé, gorilla e oranghi.

 

Nel 2004, dopo le bombe sui treni di Madrid, David Goldman, che si firmava con lo pseudonimo di “Spengler”, pubblicò un saggio dal titolo “La Spagna o perché l’islam radicale può vincere”. “La campana suonava a morto per la Spagna molto tempo prima degli attentati ai treni di Madrid. Nessun paese al mondo è più determinato a scomparire. Il paese ha il tasso di fecondità più basso del mondo. Un lavoratore spagnolo nel 2050 sosterrà un pensionato, che è un modo di dire che il sistema pensionistico sarà in bancarotta. La catastrofe demografica degli ultimi trent’anni mette il sistema pensionistico in rotta di collisione verso il fallimento, a meno che la Spagna non attiri un esercito di immigrati. Come altre ex roccaforti del cattolicesimo, la Spagna ha fatto un cambiamento brusco e terribile dalla vita di famiglia tradizionale verso un edonismo eclatante. Gli europei sono rassegnati all’estinzione”.

 

Al ritmo del flamenco ballano il nichilismo e una secolarizzazione che ha in Spagna la sua allegrissima avanguardia almodovariana. Non è che c’è bisogno di tornare a parlare di “papà” e “mamma”?

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.